Comitato Verde Tuscia: concluso il seminario Sogin

AluffiSeminario SOGIN

Si è concluso il seminario Sogin, due giorni per ascoltare istituzioni e realtà del territorio, con le loro deduzioni sulla Cnapi resa pubblica il 5 gennaio di quest’anno, che assegna alla provincia viterbese ben 66 aree di interesse.

Tra gli interventi di questa mattina, la voce di Stefano Aluffi Pentini, vice presidente del Comitato Verde Tuscia, realtà che si pone l’obiettivo di rappresentare l’intera Tuscia, raggruppando numerose categorie e cittadini, che sono fermamente convinti che il deposito nazionale di scorie nucleari nella Provincia di Viterbo sia una scelta impossibile.

Tanti i dettagli messi in evidenza, tra cui il supporto della Provincia, che ha ospitato i relatori nella prima giornata di lavoro, e il comune di Tuscania, che ha aperto il Rivellino per un’assemblea pubblica.

“Siamo stati tutti insieme, fortificati dall’essere uniti – ha precisato Aluffi Pentini, centrando l’avvio del suo intervento sul mondo agricolo, mutuando le parole e l’esperienza di Remo Parenti, presidente Confagricoltura Viterbo e Rieti, e Giorgio Grani, dei Giovani Confagricoltura -. Si deve innanzitutto sottolineare l’importanza di questa agricoltura, qui si è fatto di necessità virtù perché la storia del secondo dopoguerra della provincia di Viterbo è stata un po’ una storia di esclusione, rimasta tagliata fuori dalla sviluppo industriale e dal boom economico, come dalle rotte commerciali e da tante opportunità economiche e sociali. L’agricoltura è però ripartita, non è stato un cammino facile, tanto lavoro e sacrifici, investimenti, puntando al miglioramento. La qualità è attestata 18 tra Dop, Igp e Doc, e PAT, produzioni agroalimentari tradizionali, una quarantina più quelle che abbiamo in comune con il resto del Lazio, ogni borgo della Tuscia ha almeno una eccellenza produttiva.

Dati egualmente importanti provengono dal valore aggiunto dell’agricoltura viterbese, con un indotto pari al 7,3% contro l’1,1 del Lazio e il 2,2% del dato nazionale, ma anche dalle percentuali di aziende biologiche presenti nel viterbese, pari ad una superficie che da sola è la metà del Lazio, e quelle condotte da imprenditrici donne e da giovani sotto i 35 anni, con percentuali elevatissime pari rispettivamente al 38% e al 24%. Inoltre, quanti studi tecnici lavorano con l’agricoltura a partire da quello agronomico? L’agricoltura è l’identità della provincia di Viterbo, sociale e culturale, piaccia o no questa è la nostra identità.

Il turismo, in crescita sia per presenze (+36%) che per arrivi (+15%) – ha proseguito, riportando i dati di Luca Balletti, per Federalberghi -, per i nostri paesaggi incontaminati, i siti archeologici etruschi, i borghi incantati e i giardini storici. E a proposito del turismo, questa scelta sarebbe ancora più paradossale visto che mai come ora si comincia a parlare di Tuscia sulla stampa nazionale e internazionale, tutti riscoprono la vita di questa campagna, le bellezze dei borghi, una vita sostenibile, quella che sembrava una vita di secondo ordine è finalmente riconosciuta e il lavoro aumenta. Si vuole distruggere tutto questo?

La sola percezione di questa possibile scelta scellerata, di un deposito nazionale di scorie nucleari grande tre volte la Città del Vaticano, per la cui costruzione la rete viaria sarebbe sconvolta per numerosi anni, porterebbe ad associare l’immagine di tutta la Provincia di Viterbo con le scorie nucleari. Una realizzazione che porterebbe al crollo di tutti i valori dei prodotti agricoli, dei terreni, degli immobili, alla chiusura di numerosissime aziende, alla distruzione del turismo che sempre più si sta consolidando, alla perdita del lavoro di decine di migliaia di persone, con emigrazione, abbandono delle campagne e dei borghi, spopolamento e desertificazione.

Ma la Sogin tutto questo non lo ha fotografato per niente? Che sia pericoloso lo dicono loro stessi, altrimenti si potrebbe fare una domanda semplicissima, ma invece di farlo nella provincia di Viterbo perché non lo fanno all’Eur? Perché altrimenti tutte queste precauzioni?

Con il rapporto The Limits to Growth, I limiti dello sviluppo, che fu commissionato dal Club di Roma al Massachusetts Institute of tecnology, è stato acclarato che per dare un senso reale a  decisioni rischiose, a valutazioni di rischio come questa, non si può fare a meno di considerare le scienze socio antropologiche e quindi i fatti sociali e tutte le interazioni che ha l’uomo, sociali, economiche, culturali. Di fatto la Sogin – prosegue Aluffi nella relazione – mi sembra che abbia fatto come le sonde che atterrano su Marte, arrivano, vanno…

L’aspetto umano, dicono, non rientrava nei criteri oggettivi, avendo utilizzato, al momento, quelli di carattere scientifico, fisico, geologico, sismologico. E allora cosa pensano del terremoto che il 6 febbraio del 1971 è accaduto a Tuscania, dove ormai si parla di una faglia che si estende tra il lago di Bracciano e Tuscania e verso Arlena e Tessennano?

Nel giugno 92, a Rio de Janeiro al Summit della terra, furono redatti 97 principi che sono alla base delle scelte ambientali, compreso il protocollo di Kyoto. Da trent’anni a questa parte, il principio numero 1 dice che ogni essere umano è al centro delle preoccupazioni di carattere ambientale e ogni essere umano ha diritto a una vita sana e produttiva, in armonia con la natura.

La parte sociale deve essere considerata, altrimenti si arriva al paradosso in cui siamo ora: che più un territorio è conservato e rimasto incontaminato, più questo territorio sarà soggetto a finire a discarica di qualche cosa. Lo vediamo nel caso di Viterbo non solo purtroppo per quello che riguarda il deposito delle scorie nucleari.

In sostanza andando al rovescio se utilizziamo solo i criteri, come ha fatto la Sogin, soltanto di carattere scientifico, fisico, naturale, (e anche su questo ci sono dei dubbi) – conclude – accetteremo quello che nessuno di noi accetterebbe, perché nessuna concezione filosofica, politica, religiosa, potrà mai accettare che un territorio che è rimasto marginale negli ultimi settant’anni debba arrivare alla desertificazione totale, perché in fondo serve un territorio cosi. Credo che in fin dei conti abbiano identificato il luogo che ha meno industrie strategiche, una popolazione con una densità per km quadrato piuttosto bassa, non ha vie di comunicazione e forse, perché no, ha pure una popolazione che storicamente è pacifica, dedita al lavoro e che non ha dato mai problemi. In sostanza, invece di contrastare una tendenza in direzione di un progressivo spopolamento e di marginalità storica, alla quale agricoltura e turismo stanno cercando in tutti i modi di ovviare, lo Stato italiano, che ha come fulcro dell’articolo 2° della Costituzione il principio della solidarietà, non investirebbe nel viterbese a beneficio della popolazione ma a carico e a discapito di essa. Vanificando e azzerando tutto quello che abbiamo detto finora.

Questo deposito darà forse lavoro a qualcuno, a dei costruttori per realizzarlo, a dei tecnici che ne cureranno la costruzione, a dei manutentori specializzati? Non mi risulta che nella provincia di Viterbo ci siano queste competenze di aziende e manodopera così specializzata, arriveranno soprattutto da fuori e a fronte di questo decine di migliaia di abitanti della provincia perderanno il loro lavoro, Il valore della loro terra e della loro casa crollerà per sempre. E questo in una provincia a vocazione agricola, dove una vera alternativa non c’è. In base a tutto ciò, Verde Tuscia con tutti cittadini che rappresenta non accetta e non accetterà mai le scelte della Sogin, perché fondamentalmente calpesterebbero e distruggerebbero in modo irreparabile l’identità economica e sociale di tutta la Provincia di Viterbo”.