PICCOLI COMUNI CRESCONO

Castiglione in Teverina

I cosiddetti Piccoli Comuni, cioè borghi e paesi sino a 5000 abitanti, crescono in importanza e ruolo, almeno sulla carta, ora che la legge Realacci del 2017 ed il Recovery plan possono convergere in una strategia nazionale delle aree interne e montane, sul tipo della SNAI, quella sulle aree interne di Fabrizio Barca.

Cominciamo dalla legge sui Piccoli Comuni la 158 del 2017: ci sono voluti ben 3 anni ed il coinvolgimento di 5 ministeri per fare un elenco dei Comuni beneficiari delle provvidenze finanziarie previste, sinora una ridicola posta di 160 milioni di euro; Comuni che risultano essere 5.522, sui dati del censimento 2011.

Ma qual ’è l’importanza di questa fatica di Sisifo che infatti deve ripetersi per legge ogni tre anni per l’aggiornamento dei dati?

Per la prima volta i Piccoli Comuni non sono una massa indistinta in cui la stazione sciistica o il turismo a 4 stelle di un borgo si confondono con lo spopolatissimo paese montano o quello in pieno dissesto idrogeologico.

Infatti, di qui il lavoro certosino e defatigante di ben 5 ministeri, i Piccoli Comuni sono stati elencati ciascuno in dieci categorie prevalenti: arretratezza economica – decremento della popolazione – dissesto idrogeologico – disagio insediativo -inadeguatezza dei servizi sociali – difficoltà di comunicazione – densità demografica < 80ab/Kmq – in Unione di Comuni – in aree protette – derivanti da fusione di Comuni.

Finalmente conosciamo la realtà di ciascun Piccolo Comune e sappiamo in quante tipologie tra le 10 individuate, essi rientrino; possiamo finalmente intervenire a ragion veduta con politiche organiche e mirate erogando direttamente i fondi necessari, come opportunamente è già avvenuto con successo con gli stanziamenti per il risparmio energetico, il consolidamento e le ristrutturazioni pubbliche.

Finalmente si può uscire dalla logica perversa dei bandi o dei famigerati Click day, sistemi in cui occasionalità, pochissima trasparenza, e favoritismi ai soliti noti, non erano affatto delle rarità.

Predisporre quindi piani d’intervento individuando le aree più a rischio o più vocate per risultati ad alto valore aggiunto potrebbe essere l’occasione per elevare la capacità di spesa della nostra PA proprio in occasione del Recovery Plan.

Ma in tal senso si potrebbero aggiungere i 1200 Comuni delle aree interne e montane senza metano e quindi inquinanti; i 1400 Comuni che in deroga alle disposizioni sull’acqua civica, potrebbero potenziare acquedotti e produzione idrogeologica; gli oltre 1300 Comuni che non solo non hanno la banda larga ma neanche una decente connessione cellulare.

La modernizzazione del Paese è a portata di mano, però manca, come ci insegna Roger Abravanel la “fiducia” tra le componenti della Repubblica, aduse a controlli preventivi defatiganti quanto inutili, interpreti della cultura dell’adempimento piuttosto di quella del risultato, pletorici nell’affollarsi in comitati, cabine di regia, unità operative ed interoperative.

Una proposta semplice ed efficace: dotare subito nel Plan la legge Realacci di un miliardo di euro, spendibili in 10 mesi, tanto per dimostrare che cambiare in meglio si può!

Francesco Chiucchiurlotto