Sfruttamento del lavoro, Polizia arresta padre e figlio per caporalato

Sfruttamento del lavoro, Polizia

Retribuzioni di poco superiori a 3 € l’ora

Nel pomeriggio di Venerdì 18 Giugno u.s. gli uomini della Polizia di Stato della  Squadra Mobile  della Questura di Viterbo hanno proceduto all’esecuzione della misura cautelare degli Arresti domiciliari nei confronti di un sessantatreenne  e di un ventottenne casertani, padre e figlio,  responsabili in concorso del delitto di Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (cd. “Caporalato”).

Nei riguardi del padre  il provvedimento de quo è stato disposto in aggravamento della Misura cautelare del Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali, allo stesso applicata il 23 Luglio 2020 in quanto,  in qualità di Presidente e legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, ha coordinato e sovrinteso a tutte le attività della società, impartendo direttive ai collaboratori per quanto concerne la gestione dei dipendenti dei distributori di carburante “Ewa”, dislocati nella provincia di Viterbo, di proprietà della predetta società.

Il figlio, invece,  ha coadiuvato attivamente il padre nella sua attività imprenditoriale , con specifico riferimento alla gestione del personale impiegato nei distributori di carburante.

Ai  due è stata contestata la condotta di sfruttamento di almeno 13 (tredici) lavoratori extracomunitari, quasi tutti provenienti da paesi africani dell’area subsahariana e regolari sul territorio nazionale, i quali sono stati impiegati presso i distributori di una nota catena di distribuzione di carburanti,  dislocati sul territorio di Viterbo e Provincia.

I fatti risalgono alla prima metà del mese di Novembre del 2019, quando, in seguito ad una serie di controlli della Squadra Volante della Questura di Viterbo  presso un  distributore, si avviava un’attività info-investigativa nei confronti della società riconducibile agli arrestati.

Alessandro Tundo capo della Squadra Mobile di Viterbo
dott. Alessandro Tundo capo della Squadra Mobile di Viterbo

Successivamente le attività investigative si sono focalizzate sulle testimonianze rilasciate dai predetti lavoratori, sentiti in qualità di persone informate sui fatti dalle quali emergeva  che gli stessi erano costretti a sottostare a turni di lavoro massacranti; sebbene regolarmente assunti con contratto di lavoro part-time, la mole di lavoro da loro sostenuta ha sforato abbondantemente l’orario previsto da tali accordi; i lavoratori, infatti, lavoravano dalle 8 (otto) alle 12 (dodici) ore al giorno, tutti i giorni della settimana, compresi i festivi, senza alcuna possibilità di reclamare il diritto a beneficiare del riposo settimanale ovvero di un periodo di ferie, pena l’automatica conclusione del loro rapporto contrattuale.

Per tali prestazioni lavorative i dipendenti hanno percepito uno stipendio notevolmente inferiore a quanto previsto dai rispettivi contratti di lavoro, arrivando a guadagnare poco più di 3 € l’ora.

I suddetti lavoratori sono stati costretti ad accettare arbitrarie decurtazioni delle somme ricevute, sulla scorta di motivazioni aleatorie e irragionevoli addotte dagli indagati. I titolari, per giustificare tali sottrazioni, hanno contestato ai dipendenti presunti ammanchi di denaro rilevati durante il conteggio degli incassi giornalieri; alcuni dipendenti, a seguito di legittime lamentele per le ingiustificate trattenute dei loro salari, sono stati licenziati, mentre altri, per evitare di incorrere nelle stesse conseguenze, hanno rinunciato ad esternare le loro rimostranze, tollerando le condizioni lavorative sopra descritte in ragione del loro evidente stato di bisogno.

I dipendenti, peraltro, sono stati fatti alloggiare in ambienti di fortuna ricavati all’interno delle strutture di pertinenza degli impianti di distribuzione di carburante, riforniti con elettrodomestici a dir poco fatiscenti (fornelli elettrici, frigoriferi, stufette elettriche, ecc.), in palese violazione della vigente normativa in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro.

I responsabili hanno approfittato dello stato di bisogno del proprio personale, consapevoli che, attraverso la minaccia del licenziamento, gli stessi avrebbero tollerato tali degradanti e insostenibili situazioni lavorative, considerato anche che quasi tutti hanno l’onere del mantenimento dei loro familiari rimasti nel proprio paese di origine o comunque di famiglie numerose e monoreddito attestate sul territorio nazionale.

Dalle indagini espletate è emerso, inoltre,   che i due, in virtù della loro posizione di assoluta predominanza nei confronti dei succitati lavoratori stranieri, hanno imposto a questi ultimi di compiere durante il lavoro atti non dovuti né corrispondenti alla normalità delle mansioni per cui erano stati assunti, impartendo loro  disposizioni lavorative  tramite  app di messaggistica  al fine di esercitare un pedissequo controllo sull’attività lavorativa svolta e sulla loro regolare presenza in servizio.

Espletate le formalità di rito, gli arrestati sono stati tradotti presso la loro residenza  per espiare la Misura cautelare.