DA GERUSALEMME A GAZA

Gaza

Il fallimento dell’ipotesi dei “due popoli/due stati” che per un periodo ha riscaldato i cuori e le menti di chi sinceramente vuole la pace e la convivenza tra israeliani e palestinesi sta sfumando in modo sempre più accelerato.

Chi da parte israeliana non vuole questa soluzione spinge in ogni modo affinchè sul medio periodo non ci sia che un solo territorio, rosicchiando incessantemente e quotidianamente ogni metro quadrato di superficie palestinese, come per il contenzioso di Gerusalemme est per lo sfratto di alcune famiglie, che ha innescato la quarta guerra di Gaza.

Ecco ancora una volta che la questione palestinese diviene una questione internazionalmente globale in cui entrano Gli Stati Uniti, l’Iran, l’Egitto, la Turchia (new entry) e via via tutti gli stati mediorientali con la clamorosa assenza che contrassegna l’Europa.

Il conflitto quindi è un possibile innesco per una escalation mondiale dalle micidiali conseguenze ed ha la caratteristica che inizia sempre a Gerusalemme per esplodere poi a Gaza: perché?

Nell’apertura della sessione estiva  del 1994, un anno dopo gli accordi di Oslo, che sono rimasti il punto più avanzato delle trattative di pace tra Israeliani e Palestinesi, Isaac Rabin pronunciò un discorso in cui descrive gli accordi bilaterali di Washington, i colloqui con Giordania, Siria, Libano, sino a pronunciare la storica frase: “Oggi la pace sembra più vicina che mai!”

Ma subito dopo denuncia la minaccia ad ogni possibile pace da parte di organizzazioni come Hamas, Jihad Islamica ed Hezbollah la cui missione strategica è la distruzione di Israele.

L’anno successivo Rabin viene ucciso da un fondamentalista ebreo, poi toccò a l’egiziano Sadat, mentre alla prima Intifada delle pietre seguì quella dei coltelli e si registrò come ad ogni momento di tregua o di accenno al dialogo da Gaza partisse un missile verso Tel Aviv, per far arretrare di nuovo la situazione verso lo scontro violento o armato.

Questo trend da Gerusalemme a Gaza si è ripetuto per quattro volte, con le aggiunte delle due guerre nel Libano, ma stavolta presenta aspetti di minacciose novità che da Gaza arrivano a Gerusalemme e Cisgiordania: Hamas sta vincendo politicamente a Gerusalemme est e nel West Bank, i territori sino al Giordano, travolgendo Al Fatah, il partito di Abu Mazen e la classe dirigente dell’Autorità Palestinese che governa i Palestinesi fuori dalla striscia.

Il prestigio conquistato tra la popolazione ed anche i 4000 missili lanciati stavolta da Gaza, hanno rafforzato l’immagine di Hamas facendo ancor più sbiadire quella di Abu Mazen, un ultraottantenne che non reggerebbe una eventuale nuova elezione, per questo continuamente rimandata, persa la quale nessuno ancora può immaginare la gravità delle conseguenze di un altro percorso Gerusalemme – Gaza.

Infatti la comparsa in pubblico di Yahia Sinwar, il capo di Hamas è una sfida più per l’Autorità Palestinese che per Bibi Netanyahu, che dopo la vittoria sul Covid 19 e sui missili di Gaza ha un potente spauracchio terroristico da agitare alla Knesset per prepararsi all’ennesimo confronto elettorale, il quinto di seguito, presentandosi come l’unica garanzia di Israele sulla scia degli “Accordi di Abramo” e di quel che resta della politica di Donald Trump.

Francesco Chiucchiurlotto