LE IDI DI MARZO

Enrico Letta

Qual’ è il Paese in cui chi perde si comporta come chi vince? L’Italia.

Qual ’è il partito in cui chi si dimette detta le regole per chi resta? Il PD.

Qual è il Segretario di partito che dopo una sconfitta epocale e rovinosa non fa né analisi di merito né autocritica per gli errori commessi e continua, Lui, ad indicare la linea da seguire, che probabilmente sarà una toppa peggiore del buco? Enrico Letta.

Il Partito Democratico, anche dopo il 25 settembre, continua a calare nei sondaggi ed Alessandra Ghisleri, tra le più serie sondaggiste, dà il PD come sorpassato dai 5Stelle.

La riunione di Segreteria seguita dalla Direzione del PD e poi con i Congressi di Sezione verso l’Assemblea Nazionale, che indicherà due competitors per le primarie aperte a tutti che si terranno il 12 marzo, descrive un tragitto che definire demenziale è probabilmente poco rispettoso nei confronti di chi in buona fede (ammesso ci sia) lo propone come summa democratica, ma è palesemente la dimostrazione di un organismo agonizzante che non trova in sé sia le ragioni della sconfitta, nè quelle del riscatto.

Ragioniamo: Segreteria 14 membri; Direzione 140; Assemblea 1.000, sarebbe stato per coerenza decimale meglio 1.400, crea una comunità oligarchica all’interno della quale la soddisfazione delle proprie aspettative, ambizioni, cariche, prebende, posizioni, clientes et laudatores, sono in ogni e qualche modo soddisfatte.

C’è un unanimismo solidale ed indifferenziato che si esaurisce nelle vicende personali di ciascuno; parafrasando sommessamente e con umiltà Piero Gobetti, il PD è l’autobiografia di un partito; cioè sono le biografie di ciascun componente della classe dirigente a farne un corpo avulso dalla realtà sociale e culturale della “Nazione” per dirla in meloniano.

Di converso non c’è niente di più coeso e solidale di un sistema di interessi autoreggentesi, per carità anche nobili e altruistici, di quelli che dal 2007 si sono composti con la democristianizzazione di un partito che doveva essere altro dalle formazioni di scaturigine.

Le correnti imperversano, ma non su posizioni teorico culturali dignitose come avveniva nella DC o ancor più nel PCI, in cui il centralismo democratico, limitando anche le libertà individuali, consentiva ai vertici una dialettica e ne controllava le fughe in avanti o all’indietro.

NO! qui si intravedono filiere che scendono per li rami in un sistema cripto medievale di vassalli, valvassori, valvassini, per lo più di localizzazione provinciale e regionale, che si fronteggiano ad ogni elezione e rimescolamento di carte, cioè, pardon, di cariche ed incarichi, in perenne competizione, non certo di idee ma di poteri.

Allora, e Letta lo ha affermato con sincera evidenza, la risposta va cercata fuori dal PD; il senso delle primarie anche per eleggere il Segretario, è la soluzione, se c’è, che può venire solo da fuori: entrateci, partecipateci, trasformateci, cambiateci, siamo apertissimi.

Se poi ciò non avviene o la soluzione non arriva, pazienza !, per i prossimi 5 anni loro, gli oligarchi, sono apposto!

Chi ricorda la massima che Giancarlo Pajetta, eroico Resistente e spregiudicato Dirigente Comunista ogni tanto proferiva: “ Extra ecclesia nulla salus !”, che tradotto significava: ”Meglio aver torto nel Partito, che ragione fuori”, capisce che abisso è stato scavato sino ad oggi da quella cultura e quella tradizione!

Attendiamo le IDI DI MARZO, cioè tra un’era geologica,nella quale la politica, che non si ferma mai, chissà che sorpresa ci presenterà: ma con calma e rassegnazione, tanto non c’è alcun Cesare da accoltellare. 

Francesco Chiucchiurlotto