NOI ED I TELEBANI

Profughi afghani
Foto di Guy Lawson, USAID da Pixnio

Ebbene non ostante il Presidente più potente, le testate più influenti, i columnists più prestigiosi, ci troviamo in un soffio con Kabul e l’intero Afghanistan in mano ai Talebani.

Eppure Joe Biden non più di 15 giorni fa aveva assicurato che 75.000 mujahidin avevano davanti 300.000 soldati dell’esercito regolare perfettamente addestrati ed armati; i giornali e le emittenti televisive avevano escluso un immediato collasso governativo ed impossibile una replica della Saigon 1975; tutti, dal NYT a Limes avevano escluso un epilogo come quello che abbiamo poi visto.

Allora? Ancora una volta, e non sarà l’ultima, la nostra democrazia occidentale pare reggersi sulle balle: Talebani come studenti delle madrasse islamiche; mi viene in mente Leo (Leopoldo) Longanesi che sulfureo sosteneva: “ Il più son balle!”.

E’ vero che la democrazia così piena di difetti, spesso tragici, continua ad esser il miglior modo di regolare la civile convivenza, ma stavolta forse si è superato il limite e ciascuno avverte un senso d’impotenza senza precedenti; la presa d’atto di vivere in una parte di mondo e quindi di uno schieramento, che è in precipitosa decadenza.

Dopo l’11 settembre di vent’anni fa, volevamo esportare la democrazia, combattere il terrorismo, vendicare un affronto sanguinoso, colonizzare altre aree, fare affari?

Ben 4 Presidenti USA, tra cui un Nobel per la pace, ed oggi una “lame duck”, o anatra zoppa, si sono cimentati con accenti altisonanti: la libertà, la democrazia, i diritti, le donne; contro l’oscurantismo, il medioevo, la crudeltà, il dominio ancestrale.

Una sorta di Dio, Patria, Famiglia, in cui il primo è grande, spietato e segno identitario comune di popoli eterogenei; la seconda è parcellizzata e statualizzata nelle etnie e nelle tribù; la terza è quella del maschio dominante e crudele.

Ma c’è dell’altro; una chiave interpretativa del fenomeno talebano che scopriamo solo ora con Edward Luttwak, Roberto Saviano e pochi altri: i soldi, una montagna di denaro.

In venti anni gli USA hanno speso 2.261 miliardi di dollari; la UE un centinaio di cui 8,4 l’Italia; in particolare 1.290 miliardi di dollari per spese di guerra, 85 per l’esercito afghano praticamente inesistente e che ha armato i Talebani, 60 per assistenza ai civili, 296 per pensioni di guerra, con gli oltre 2.300 morti, in un contesto politico corrottissimo.

Poi il gigantesco giro d’affari in mano ai Talebani per produzione e traffico di oppio e quindi di eroina, stimato dai 120 ai 160 miliardi/anno, in continua ascesa sul triangolo d’oro Birmania Thailandia, Laos, che contrassegna oggi il primo stato narcotrafficante.

Stranamente di questi due aspetti, corruzione e droga non se ne parla o lo si fa in modo occasionale e reticente, dopo 20 anni di traffici e ruberie.

Ma se ovunque c’è corruzione, ci sono i corrotti ma anche i corruttori, ed è legittimo chiederci in questa immane tragedia chi ha rivestito il ruolo degli uni e degli altri? Chi sono veramente i Talebani, al di la dell’immagine televisiva di tagliagole? Quali scenari internazionali stanno cambiando e quali ripercussioni ci saranno per noi e l’Occidente? A che sono serviti i 54 nostri caduti, la cui memoria dobbiamo comunque rispettare?

Francesco Chiucchiurlotto