SANCTAE ROSAE LECTIO MAGISTRALIS

Macchina Santa Rosa 2022

Premetto sommessamente ed umilmente che sto scrivendo su un argomento che non mi concerne e non mi pertiene, in quanto fuori dalla comunità viterbese, l’unica titolata a toccare argomenti così delicati, come il 3 settembre, e gli onori alla Patrona Santa Rosa, ed al trasporto della Macchina.

L’unico approccio che mi può essere consentito è quello istituzionale, essendo da oltre vent’anni implicato, coinvolto, impegnato, nella rappresentanza di esse: prima nell’ANCI, poi nell’UNCEM.

Ho assistito al  primo straordinario trasporto della Macchina dopo il fermo pandemico e non posso negare di essermi profondamente commosso: il semotuttidensentimento, il sollevate e fermi e tutta la liturgia dei gesti e delle parole che si ripetono da secoli uguali ed immutabili, come può non farlo?

Era il 1960, l’anno in cui da un balcone di Via Marconi, ospite di una mia cugina, mi sembrò di toccare la Macchina che passava davanti a me, conservando negli anni quell’emozione.

Stavolta è successo qualcosa di particolare su cui riflettere, appunto sul versante delle istituzioni, poiché una monumentale figura, quella di Sandro Rossi, Capo Facchino di Santa Rosa, ha posto un tema di una importanza e valenza che travalica l’episodio, che va oltre il comportamento delle figure interessate e che sfocia irruente nella dinamica istituzionale: il rispetto delle tradizioni.

L’art. 1 della Costituzione pone la sovranità in capo al popolo che la esercita all’interno delle leggi: ecco subito una contrapposizione dialettica tra popolo, referente e depositario di tradizioni, usi e costumi consolidatisi nei secoli, e leggi, variabili, evolutive, contemporanee, spesso contradditorie con il passato ed il futuro della società che diviene.

Ebbene Sandro Rossi ha posto, con l’energia di cui è platealmente capace, il tema della primazia del valore della tradizione, usi e costumi, che tra l’altro l’Ordinamento pone tra le fonti del diritto, e il dettame giuridico sulle istituzioni locali, che applicato, probabilmente per eccesso di zelo, ha posto alcuni valori precauzionali prima di altre valutazioni di merito.

Qui veniamo a quel che mi concerne: cioè il confronto istituzionale tra le componenti della Repubblica, Stato, Regioni, Province, Comuni; non è purtroppo stato assimilato dai Comuni e quindi dai Sindaci, che l’Art.114 della Costituzione ha operato un profondo rivolgimento della qualità e delle prerogative tra loro intercorrenti, equiparando i Comuni sullo stesso identico piano.

I Comuni (1100) non sono i terminali periferici dello Stato (1861), o una loro articolazione: l’art. 5 della Costituzione, leggetelo per cortesia, “riconosce” i Comuni, perché antecedenti ad esso; conferisce loro un’autonomia piena, purtroppo dimenticata e vilipesa negli anni; promuove e decentra, a loro vantaggio in ogni occasione; si adegua con legge alle loro esigenze.

L’autonomia ed il decentramento sono nelle mani dei Sindaci, purchè avendone cognizione e coscienza, sappiano imporli, perchè nessuno lo farà per loro; sono nella loro consapevolezza ed energia, per farli valere nella pratica quotidiana; nella loro volontà di richiamarli, anche rischiando politicamente di persona, per la loro affermazione in un contesto giuridico legale a dir poco inadeguato, ed in un centralismo statuale e regionale a dir poco ottuso.

Ecco che quando il Sindaco di Viterbo ribadisce a Sandro Rossi che il Sindaco deve far osservare le leggi, ella salta secoli di storia di autonomia comunale, di sofferta conquista di una libertà municipale quasi sempre negata, per la quale ogni occasione è propizia per essere ribadita; come poi in fondo è stato fatto.

Viva Santa Rosa!

Francesco Chiucchiurlotto