IL DITTATORE E L’ASSASSINO

Lanciamissili

Il politicamente corretto (dall’americano politically correct) è quella pratica di comunicazione divenuta anche movimento dominante e pervasivo, che tende ad evitare e più spesso condannare anche eccedendo, un linguaggio sessista, di genere, oppure discriminatorio per etnia, condizioni fisiche personali, di lavoro o di estrazione sociale.

Cioè al contrario non è giudicato politicamente corretto un linguaggio che può in definitiva offendere la suscettibilità di una persona alla quale ci si riferisce.

L’eccesso di una norma di buona educazione può essere il ridicolo di certi eufemismi o certe perifrasi ridondanti o non richieste dal contesto.

Ma è politicamente corretto e quindi giustificato se un ladro viene chiamato ladro; un dittatore viene definito tale, così pure un assassino?

Due casi si sono susseguiti a distanza di qualche settimana ed hanno marcato i media ponendo questioni da dibattere, ed hanno prodotto anche conseguenze politico economiche di tutto rispetto, valutabili in milioni di euro.

Joe Biden ha definito Vladimir Putin “assassino”, forse incastrato da una domanda formulata in modo pessimo, tale da presupporre quella risposta, che una volta data si è ritenuto di dover confermare.

Mario Draghi ha chiamato “dittatore“ Recep Tayyp Erdogan, il premier turco che discriminando per genere la Presidente della Commissione Europea, l’ha tenuta a distanza dai posti riservati ai maschi su poltroncine decorate, relegandola su un sofà, da cui prende il nome dell’umiliante incidente.

Ora i casi sono simili per scorrettezza di linguaggio ma soprattutto per inopportunità politica e quindi il politicamente corretto che si avventura sul terreno del giudizio morale, deve fare i conti con alcune conseguenze non certo positive.

Intanto da che pulpito viene la predica?

Dallo sterminio dei nativi americani, alla pratica della schiavitù e della segregazione razziale; dall’uso della violenza civile della polizia, alla pena di morte; dalla disinvoltura con cui gli Usa hanno appoggiato ed appoggiano regimi sanguinari, all’impiego micidiale dei servizi di intelligence, c’è una messe di argomenti che ha reso facile per Putin ed ai media russi rinviare al mittente le accuse.

Mario Draghi, inaspettatamente ciarliero ed imprudente, probabilmente perché punto nel vivo dal coinvolgimento della sua amica Ursula Von Der Leyen, si è avventurato in una valutazione facilmente confutabile per l’eleggibilità del Presidente turco, ma soprattutto dopo averlo definito dittatore ne ha auspicato la collaborazione, che sappiamo indispensabile sia per il blocco dei migranti, che per la presenza armata in Libia.

Le ritorsioni non si sono fatte attendere con i russi a premere militarmente sull’Ucraina ed i turchi a disdire contratti con aziende italiane ed a bloccarne altri proprio in Libia.

La lezione è che non puoi perdere l’aplomb doveroso in un capo di stato per apparire il più politicamente corretto, senza valutare che la politica è una guerra fatta con altri mezzi, tra i quali il linguaggio vale come una batteria missilistica.

Francesco Chiucchiurlotto