LA COMUNE DI PARIGI

LA COMUNE DI PARIGI

Sono centocinquant’anni da quel 1871 in cui davanti al Muro oggi detto dei Federati, al cimitero di Parigi Père Lachaise, furono trucidati dai 25.000 ai 30.000 Comunardi, compresi donne e bambini, durante la “semaine sanglante”, per chiudere definitivamente l’epopea straordinaria dei 71 giorni di rivoluzione popolare.

Ecco a cosa servono gli anniversari: la memoria ed il ricordo in chi ne ha già letto, studiato, discusso; l’interesse, la scoperta e magari la sorpresa, in chi se ne avvicina per la prima volta.

In una decina di settimane si sperimentò allora una forma di governo nuova, originale, mai vista; un potere dal basso fatto di autonomia, associazionismo, federalismo; un modello istituzionale civico, regionale, statuale, che si propagò nelle principali città francesi, sino alla violentissima reazione dei governativi francesi di Thiers ed i cannoni prussiani che avevano già sconfitto ed arrestato Napoleone III.

Infatti a settembre dell’anno precedente dopo una serie di sconfitte minori, l’esercito francese al comando del Generale Mc Mahon si arrende ed a Parigi dopo alterne vicende viene proclamata la Repubblica (la III).

Il modello organizzativo è quello dei 20 rioni parigini, in cui si forma e si arma la Guardia Nazionale composta da quasi tutti i cittadini, che fanno fronte all’assedio prussiano, ed in cui si organizzano i club politici socialisti alla Proudhom, anarchici alla Bakunin, insurrezionalisti alla Blanqui, tutte le logge massoniche.

E’ il Comitato Centrale della Guardia Nazionale che rispondendo ad un attacco dei Versigliesi il 18 marzo, che diviene nucleo di un governo chiamato “Commune”, come modello di autogestione e formazione dal basso di tutte le cariche rappresentative.

La “Commune” si diffonde e sorge a Lione, Marsiglia, Narbonne, Tolosa, Saint Etienne, confermando che la Francia è Parigi e che Parigi è la Francia.

Nascono le nuove istituzioni e le novità formali tanto attese e teorizzate prendono corpo: istruzione laica e gratuita, magistrati e gradi militari elettivi, parità assoluta di genere e di salari, nuovo associazionismo dei lavoratori, libertà di espressione e di coscienza, sanità e servizi sociali.

Poi prevale la violenza dei cannoni e la ferocia dei Versagliesi.

Cosa resta e cosa può insegnare oggi la Comune di Parigi, al di là di uno snodo peculiare della storia, come ad esempio furono quelli di Fiume nel 1919, di Kronstand nel 1921, Repubblica Romana 1948, in cui il sistema di potere dominante non potendo tollerare l’affermarsi di una possibile alternativa a sé stesso, la reprime con la forza?

Forse c’è anche una lezione che possiamo apprendere da essa: il valore centrale e strategico del Comune, come istituzione in cui l’individuo si forma, stabilisce la sede della propria famiglia e dei propri interessi, partecipa liberamente al suo governo ed alla sua gestione.

Oggi il Comune è equiparato dalla Costituzione alle altre componenti della Repubblica: Stato, Regioni, Province; ma solo formalmente.

Infatti i Comuni, in particolare la maggioranza dei borghi e paesi, sono in fondo alla catena del comando e della distribuzione di risorse;  subiscono le prepotenze e le angherie della politica; pagano le crisi con tagli alla finanza locale ed al personale, in parte si spopolano.

Come la Comune di Parigi mostrò come possibile un’autogestione innovativa dal basso, così i nostri Comuni potrebbero rappresentare e guidare quella rinascita e resilienza nazionale di cui abbiamo estremo bisogno.

Francesco Chiucchiurlotto