L’agricoltura della Tuscia e le attuali sfide

Antonio Crabolu e Francesco Battistoni
Nella foto: Antonio Crabolu e Francesco Battistoni

«Nella nostra Provincia il modello di agricoltura sta gradualmente cambiando verso un approccio basato sui principi della sostenibilità economica, sociale e ambientale. I nostri agricoltori non sono semplici produttori di beni agricoli, ma ricoprono da sempre il prezioso ruolo di custodi ambientali. Se il nostro territorio è ancora così ben conservato lo dobbiamo a loro e alla loro instancabile opera giornaliera.

Lavorare in agricoltura – comunica Antonio Crabolu, Responsabile Provinciale Dipartimento Agricoltura FI, – ha molti aspetti positivi, tra i principali, è quello di offrire l’opportunità di riavvicinarsi alle tradizioni e al territorio.

L’attività nella nostra Provincia trova sostegno nelle buone pratiche agro-ambientali, che consentono agli operatori agricoli di utilizzare le risorse naturali,  al fine di realizzare  produzioni e reddito.

La nuova PAC si allinea al modello di agricoltura delineato dal Green  Deal europeo con  ambiziosi obiettivi: ridurre l’uso dei pesticidi e degli antibiotici (-50% entro il 2030) e i fertilizzanti chimici (-20% entro il 2030) e mira a creare un futuro inclusivo, competitivo e rispettoso dell’ambiente per l’Europa.  Dalle proposte della Commissione per la PAC 2021-2027 emerge che almeno il 40% del bilancio complessivo dovrà concorrere alla  riduzione degli input esterni, retribuendo gli agricoltori per le migliori prestazioni ambientali e climatiche.

Particolari condizioni di temperatura, umidità, coltivazioni e allevamenti intensivi hanno agevolato negli ultimi anni la proliferazione di parassiti dannosi sia per le specie vegetali, che quelle animali e di conseguenza per l’uomo. Quindi, per preservare la biodiversità si dovrebbero adottare pratiche sostenibili attraverso il rinnovamento dei processi produttivi, con conseguente riduzione dell’impiego di pesticidi, fertilizzanti e antibiotici.

Al fine di favorire il raggiungimento di queste ambiziose sfide, sarà necessario il contributo sinergico degli operatori della filiera agro-alimentare che dovranno esplorare tutte le possibili soluzioni. Quello che appare sempre più evidente è la necessità di istituire nuove figure professionali che attualmente mancano in agricoltura e che sono presenti in altri Paesi,  ovvero la figura degli “extension practioners”, esperti in campo agrario  in grado di trasferire le innovazioni della ricerca scientifica  verso le  buone pratiche agricole per soddisfare gli obiettivi di qualità, sostenibilità, produzioni e reddito».