Viterbo. Odg: ferma condanna al linguaggio sessista e solidarietà alle donne in quanto donne.

Mimosa

«Una società maschile e maschilista si cambia cominciando dal linguaggio.

Il linguaggio sessista usato come arma per segregare in una condizione di inferiorità le donne è un fenomeno estremamente diffuso e trasversale.

In Senato sono depositati due disegni di legge che aspettano solo di essere discussi:

quello sull’educazione emotiva nella scuola, e quello (già approvato alla Camera) contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, identità di genere, misoginia e disabilità.

Insieme, per una società più equa, giusta e umana.

Per far comprendere quanto il fenomeno delle offese basate sull’identità di genere sia diffuso sui social, ma non solo  purtroppo.

Assistiamo sempre più spesso ad attacchi legati all’identità sessuale, in un’ottica in cui la sfera privata e quella pubblica sembrano non essere distinte e dove spesso, in una società sessista, l’essere donna rappresenta un’aggravante.

È sufficiente ricordare la grave offesa sessista giunta da un consigliere di Fratelli d’Italia alla Senatrice  Liliana Segre o ancora gli insulti sessisti alla Sindaca Virginia Raggi e, non ultima, all’ex Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.

Questi soltanto alcuni esempi degli ultimi episodi di attacchi a donne che ricoprono un ruolo di leadership e che vanno condannati all’unanimità tutti, in egual misura.

Vorrei riportare ora un estratto tratto da un’intervista proprio ad una delle vittime di queste vergognose pratiche, la ex ministra Azzolina:

“Un istituto superiore di Roma, l’anno scorso, ha stabilito una “quota” massima per le studentesse, cioè un numero massimo di iscrizioni al femminile, per l’indirizzo scientifico: non potevano essere più di un terzo del totale.

Idea per la verità nata in buona fede, con l’intento cioè di garantire una “riserva” per esemplari a rischio estinzione: le donne di scienza. Figure quasi mitologiche. 1600 anni fa Ipazia d’Alessandria veniva uccisa per essere stata una matematica e astronoma. Oggi porta il suo nome un programma europeo nato per colmare il gap di genere nelle materie Stem, le materie scientifiche. Quelle che oggi possono garantire un lavoro e forse persino una carriera.

Pochi giorni fa ho letto con simpatia la proposta del leader di un partuto di introdurre a scuola un’ora di “educazione ai social”. Ottima idea, ma esiste già. Si chiama media education ed è una delle prima cose che ho voluto fare al Ministero. Piuttosto andrebbe ricordato a questo leader, improvvisamente colto da quotidiani slanci di “perbenismo”, di far rimuovere le centinaia di insulti sessisti che una pagina ufficiale a lui dedicata mi ha rivolto tempo fa. Proprio sui social. In quel lungo elenco, per intenderci, l’epiteto più garbato era “prostituta”.

Il linguaggio machista e maschilista della politica è uno dei più potenti strumenti di cristallizzazione delle differenze di genere, delle ingiustizie di genere, delle violenze di genere.

Governatori con i muscoli che incendiano il dibattito e “insultano” le mamme perché vogliono portare i figli a scuola. Parlamentari nazionali che urlano “vai in cucina” (o a stirare?) per zittire la collega, o che argomentano improbabili analogie tra credibilità e verginità (premiati con nomina nel “sottogoverno dei migliori”). Perle di sessismo. Tutti ce le ricordiamo, ma siamo molto più bravi a dimenticarle in fretta.

Amnesty International dal 2018, attraverso il barometro dell’odio, monitora e misura il livello di intolleranza e discriminazione nel dibattito online. Non solo leoni da tastiera, ma “sessisti da tastiera”. Dice Amnesty che il tasso di hate speech rivolto alle donne supera di 1,5 volte quello dei discorsi d’odio che hanno per bersaglio gli uomini.

Un flusso che “scrolliamo” tutti i giorni sulle bacheche e che con la stessa rapidità cancelliamo dalla cache della nostra coscienza.

Si può definirla violenza di genere? Sì. Le Nazioni Unite in occasione della Conferenza Mondiale sulla Violenza contro le Donne tenutasi a Vienna nel 1993, la definiscono all’art. 1 come “ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne”.

La caccia alle streghe dei tempi moderni si fa anche così: non si usano più fasci di legname e fuoco, ma parole di fuoco, parole ostili.”

Per quanto sopra:

Si impegna il Sindaco, la Giunta e tutto il consiglio comunale a condannare fermamente ogni forma di linguaggio sessista, ogni attacco ingiustificato ad ogni donna in quanto donna e solo perché donna e quanto subito ogni giorno da tutte le donne, tra cui Lucia Azzolina, Liliana Segre, Virginia Raggi, solo per citarne alcune, senza però dimenticare le milioni di donne invisibili che purtroppo non hanno nessuna voce.»

 

Massimo Erbatti

Giacomo Barelli

Fabrizio Purchiaroni

Alvaro Ricci

Francesco Serra

Lina Delle Monache

Mario Quintarelli

Luisa Ciambella

Chiara Frontini