CI RISIAMO?

Enrico Letta

La nota stonata di una giornata importante e positiva arriva verso l’una con l’annuncio dei risultati per l’elezione di Enrico Letta a Segretario del Partito Democratico: 860 favorevoli, 2 contrari e 4 astenuti.

Più unanimismo di così! Più bulgaro di così non si poteva ipotizzare e quindi il buon Enrico inizia il suo cammino politico nella palude democratica fallendo il suo primo obiettivo: cercava la verità ha trovato come i suoi predecessori l’unanimità.

Ma un poco se l’è cercata, perché come resistere all’”occorrismo” “malattia senile del riformismo”, parafrasando un tipetto vivace come Vladimiro Lenin?

Infatti la sequela delle cose da fare, scontate e ripetitive ha occupato gran parte del discorso: i giovani, “non un PD che parla di giovani, ma che fa parlare i giovani”; voto a 16 anni, porte aperte al posto di aria nuova; le tre sfide globali “ clima, pandemia, sicurezza informatica”; occorre essere il partito dei giovani, non del potere (senza esagerare).

Ancora occorre: nuova PA, Stato efficiente, fisco giusto, Sud sugli scudi, giustizia efficace  made in Italy, corpi intermedi, lotta alla mafia.

Sin qui siamo sullo standard usuale, ma nel discorso di oltre un’ora, ha snocciolato discorrendo alcune novità interessanti ed anche dirompenti, se messe in attuazione, in modo piano senza enfasi, ma determinato.

Per esempio la negatività della doppia funzione sia politica che istituzionale: Bruno Astorre, Senatore e Segretario regionale del Lazio avrà avuto un soprassalto? Quanti altri?

La questione dello ius soli, che neanche il 40% renziano era riuscito ad ottenere, come priorità; la scoperta del territorio e novità assoluta delle aree montane che ha riferito essere il 53% della superficie nazionale, aggiungo io in invecchiamento, impoverimento, spopolamento.

Poi le quattro bordate finali, quelle che dovrebbero affondare ogni nave avversaria: sul trasformismo da colpire nel covo del Gruppo Misto; la sfiducia costruttiva, come sistema alla tedesca per una stabilità governativa; la prossima legge elettorale, sulla quale però non si è sbilanciato in attesa di capire meglio quale serva davvero; ed infine l’applicazione dell’art.49 della Costituzione sulla personalità giuridica ed i bilanci dei partiti, che per chi legge questa Res Pubblica sa essere mio argomento ricorrente plurinvocato; peccato non aver detto di abolire le primarie per il Segretario PD, ma ci sarà tempo.

Un discorso pacato, senza enfasi retorica, con citazioni e mentori poche e scontati: “anima e cacciavite” che non ha proprio brillato per convinzione; Jaques Delors e Romano Prodi, quest’ultimo non proprio benaugurante; invece buono il “Progressisti nei valori; riformisti nel metodo; radicali nei comportamenti personali”.

Citazioni da Man Ray, ad Anna Arendt e Pirandello e poi quella mancata su “quell’onere di chiamarsi Enrico”, che non ha sviluppato pronunciandone il cognome, Berlinguer; sicuramente troppo!

Insomma un bell’ inizio con novità di approccio e qualche buon contenuto che il corpaccione del PD ha assorbito in toto, coprendo con l’unanime applauso virtuale lo sfrigolio dei coltelli che si stavano già arrotando.

Francesco Chicchiurlotto