DEMOLIGAUTOCRAZIA

Democrazia

Sono stato sollecitato ad intervenire di nuovo sul fatto che il nostro sistema democratico si avvia a non soddisfare i requisiti classici del governo del popolo, dal popolo, per il popolo, determinato in particolare dalla sclerosi partecipativa sia alla vita interna dei partiti, sia alle scadenze elettorali.

Naturalmente il fenomeno, segnalato dai più attenti commentatori della nostra politica,, è segnato dalle virulente correnti populiste che in vario modo in occidente si sono sviluppate dal VAFFA DAY alla BREXIT, dal PRIMA GLI ITALIANI all’assalto di CAPITOL HILL, dai FORCONI ai GILETS JAUNES, dai NO WAX ai NO ARMI.

Il fenomeno però sta regredendo e al netto di possibili colpi di coda sarebbe opportuno analizzare quel che ci aspetta nell’immediato, almeno qui in Italia, in termini di tenuta dell’attuale sistema liberaldemocratico.

Intanto queste elezioni politiche stanno dimostrando la tenuta di ciò che i sondaggi hanno espresso sinora sul vantaggio di FdI e di Giorgia Meloni: il suo gradimento, in assise paludate, in TV e nelle piazze è alto e credo destinato ad aumentare, anche perché chi vi si oppone lo fa con i vecchi arnesi argomentativi di una volta, in una carnevalata di sgravi fiscali, ponti sullo stretto, 14esime, milioni di alberi, ricchi premi e cotillons.

Il nostro problema è semplice: siamo in grado di autoriformare i partiti per radicarli nel territorio e nei collegi elettorali, e renderli trasparenti e contendibili “con metodo democratico” come suggerisce la Costituzione, nonché adottare una legge elettorale, per esempio proporzionale con preferenze, che restituisca ai cittadini il potere di eleggere chi si vuole o addirittura revocargli il mandato come avviene altrove?

Sarà molto difficile perché il processo di verticalizzazione iniziato nel 1993 con l’elezione diretta dei Sindaci, proseguito con i “Governatori” delle Regioni, con lo strapotere dell’ esecutivo sul legislativo, ridotto a ratificare decreti ministeriali o sfornare voti di fiducia, ha creato una sorta di notabilato elitario, non solo nella politica, ma negli essenziali gangli burocratico amministrativi della Repubblica, che non si potrà rimuovere se non con metodi autoritativi, alla Thatcher o alla Reagan e con il problemino di averne come loro.

Per questo il presidenzialismo, anche nella versione “semi”, non viene immediatamente stigmatizzato come rischioso per derive oligarchiche, e addirittura si discetta sul “Sindaco d’Italia” con una lievità dottrinaria sconcertante, e si prefigurano con una incoscienza inaccettabile, scenari idilliaci laddove invece si provocherebbero terremoti irrimediabili.

Queste proposte da campagna elettorale non tengono conto che la nostra Costituzione ha un impianto unitario delicatissimo, perché frutto di una mirabile ed irripetibile congiuntura storica, politica, culturale, ed essa non tollera anche la minima variazione se non inquadrata in un più ampio ed articolato impianto riformatore.

Il rischio è quindi di uno slittamento verso forme di governo che conservino un sistema elettorale, a conti fatti di facciata, una centralizzazione estrema del potere esecutivo incarnato da un leader, che sterilizzi Parlamento ed istituzioni decentrate, che se arriva a controllare i media se non è un’autarchia poco ci manca.

C’è una proposta molto seria, ma rischiosa, quella della Costituente; un’assemblea rifondativa eletta in modo proporzionale, come quella che lavorando dal 2 giugno 1946 concluse i suoi lavori il 7 maggio 1948, dandoci una eccellente Carta Costituzionale; il rischio è che allora le temperie della guerra e della Resistenza forgiarono, scusate la retorica, uomini all’altezza del compito, oggi, se si farà la Costituente, bisognerà incrociare le dita.

P.S.

Il titolo DEMOLIGAUTARCHIA richiama le forme occidentali di governo sin qui conosciute: la democrazia (governo di tutti), l’oligarchia (governo dei pochi), l’autarchia o dittatura (governo di uno solo); poi ci sarebbe anche la teocrazia (governo di Dio) che riguarda lo Stato Pontificio.

Francesco Chiucchiurlotto