L’ULTIMA ORA

Bandiera Bianca

Anche senza aver fatto necessariamente il liceo, ci dovremmo ricordare nella storia del nostro Risorgimento, le poesie patriottiche grondanti sana retorica indipendentista, orgoglio nazionale, rimembranze di uno splendido e glorioso passato: nell’antologia c’erano Giuseppe Giusti, Giovanni Berchet ed in particolare Arnaldo Fusinato con la celebre “L’ultima ora di Venezia”, 1849.

Parafrasandolo circa la situazione della crisi attuale, mi viene da declamare:

“Passa un cronista della città: “Ehi dal Palazzo qual novità?”

“Il morbo infuria, il pan ci manca sul balcone sventola bandiera bianca!”

Il balcone è naturalmente quello di Montecitorio, dal quale anni fa annunciarono la definitiva sconfitta della povertà attraverso il reddito di cittadinanza.

Non a caso in piena pandemia, il morbo ogni giorno ci consegna la cronaca di disfunzioni, pressapochismo, improvvisazioni, sulle quali si potrebbe persino sorridere se non ci fosse il lugubre conteggio dei decessi.

Non a caso la crisi economica, che sinora misuriamo in termini di crescita del debito pubblico, che pudicamente chiamiamo “scostamenti di bilancio”, con la fine degli ammortizzatori sociali, del blocco dei licenziamenti e delle cartelle delle imposte per rientrare  dalla bellezza di 1000 miliardi di crediti, si manifesterà a breve nella sua vera portata, di indigenza e per molti, il “pan che ci manca”.

Non a caso la resa riguarda proprio il Parlamento.

In queste ore si stanno consumando dei tentativi di ricomposizione di qualcosa di così impalpabile al normale raziocinio, di così bizantino o “florentin”, come dicono in Francia, che inducono allo sconforto, alla resa, alla definitiva constatazione che la nostra democrazia è profondamente malata.

Non c’è nessun assalto a Capitol Hill qui da noi, piuttosto nel nostro Parlamento c’è l’immagine di un Paese, e diciamolo pure, di un popolo che ha smarrito ogni parametro comune e condiviso per riconoscersi, agitarsi, confrontarsi, reagire: destra, sinistra, centro, extra; ideologie, culture, storie; Padri della Patria, notabili, cacicchi; bandiere, tessere, simboli; perfino i colori di riferimento sono mutati e mutanti fatto salvo il nero.

Nel nostro Parlamento non si “parla” più, si urla, si inveisce, si argomenta per assoluti, ci si contrappone per audience, per certificazione di esistenza in vita politica, per il gusto del dileggio, ed il tutto in nome dell’Italia e degli Italiani: mai come oggi in politica il tricolore è ovunque come il nome Italia sui simboli.

Naturalmente l’auspicio è che prevalga un saggio raziocinio e che pur tra compromessi e rospi da ingoiare ci si presenti decentemente in Europa per ottenere la “prova di una vita”, quegli euromiliardi che potrebbero davvero fare la differenza, recuperando il terreno perduto per la modernizzazione e “resilienza” ( che c’entrano i metalli?) del nostro Paese.

La Repubblica di San Marco cadde eroicamente per l’assedio, la fame ed il colera e tornò sotto il governo asburgico; ma se cade miseramente il nostro Parlamento?

Francesco Chiucchiurlotto