PROFETI E SANTONI

mancuso

Le “strane” dimissioni di Nicola Zingaretti da Segretario del Partito Democratico hanno almeno il pregio di costringere, non solo a sinistra, ad una riflessione importante sulla buona salute del sistema politico della nostra Repubblica.

Com’è possibile che ben 9 personaggi politici, tra segretari e reggenti, si siano alternati alla guida di un partito relativamente giovane, il PD, fondato il 14 ottobre 2007?

Ancora: com’è possibile che in così tanti ed in così tante volte si sia tentato invano di tracciare una identità che fosse nettamente riconoscibile tanto da rappresentare quella che è stata chiamata pomposamente “vocazione maggioritaria”?

Ad ultimo: ma in quell’ottobre non c’erano i segni ed i segnali di un possibile fallimento? Non c’erano profeti inascoltati e santoni iconici da seguire?

Parto da quest’ultima domanda: i primi c’erano, i secondi avevano pensato bene di mimetizzarsi nel correntone di centro pseudo doroteo per non perdere alcuna delle “posizioni” che come – Colonnelli di Berlinguer – (con l’eccezione di Fabio Mussi e Cesare Salvi), avevano anche meritatamente conquistato nel partito e nel Parlamento.

Sono andato a rileggere il libro, profetico appunto, di Emanuele Macaluso, “Al capolinea” – Controstoria del Partito Democratico – Feltrinelli luglio 2007 – per avere la conferma che alla nascita del PD  gli elementi di analisi c’erano tutti e che le contraddizioni, i salti storico politici, le scorciatoie retoriche, le furbizie effimere, anche.

Non a caso il volume si apre con la riproposizione di un celebre brevissimo scritto del 1982 di Federico Caffè dal titolo “La solitudine del riformista”, in cui contrappone alla palingenesi prèt à porter, alle formule accattivanti, alla retorica futuribile e derisoria, il concreto gradualismo del poco e del realizzabile oggi e con fatica.

Infatti Macaluso e pochi altri furono sprezzantemente definiti – Miglioristi – .

Colpisce oggi sin dall’indice la chiarezza di analisi ed anche la nettezza delle sue posizioni:

Parte Prima – Che cos’è il PD (La cultura politica dei compagni di scuola – Dalla sinistra democristiana al PD – Ulivo ed Ulivismi – Ma il PD ha una cultura politica? – Socialdemocrazia quanti treni persi -)

Parte seconda – Perché dico no al PD ( Perché non è riformista – Perché non è laico )

Parte terza – Quali alternative al PD ( Gli oligarchi del PD – Il socialismo largo – La sinistra alternativa – Ancora la questione socialista – Le tre costituenti e la crisi del sistema politico)

Il succo del suo discorso, e lo vedremo meglio tra 5 gg. con l’Appendice al libro di Giorgio Napolitano, è che con la fine del PCI dopo la caduta del muro e tangentopoli, le ragioni storiche di una divisione del campo socialista erano venute meno e la classe dirigente comunista, doveva sì cambiare nome ma non l’identità di un socialismo riformista che aveva portato al successo le socialdemocrazie del nord Europa.

E’ il tradimento di quelle origini, di quella prospettiva politica e di quell’identità che si scisse 100 anni fa a Livorno, che nel 2007 si coagulò in un partito senza anima e cultura politica ed il termine DEMOCRATICO divenne, parafrasando Hegel, “la notte in cui tutte le vacche sono grige”.

Francesco Chiucchiurlotto