UN MESE DA NON SPRECARE

Politica

Il Prof. Sabino Cassese, Presidente emerito della Corte Costituzionale, autore di saggi memorabili sul nostro sistema politico, ha di recente analizzato la situazione italiana ad un mese circa dal voto.

Sia il sistema dei partiti, sia la legge elettorale vigente stanno portando il nostro Paese, queste le sue conclusioni, fuori da ogni contesto di democrazia liberaldemocratica; almeno così come la conosciamo sin dal famoso discorso di Gettysburg di Abramo Lincoln nel 1863, riassunto nello schema: “Governo del popolo, dal popolo, per il popolo”.

L’art.49 della nostra Costituzione affida ai partiti il compito di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”; non altro aggiunge sul come e quando, sul chi e sul che, lasciando al Parlamento la responsabilità di provvedervi.

Dopo il tentativo di Luigi Sturzo, più di recente di Ugo Sposetti e l’ultimo del 2016 di Matteo Richetti, regolarmente insabbiati, nessun partito, neanche quelli che hanno fatto delle eclatanti esternazioni populistiche il loro pane quotidiano, hanno ripreso i temi che sostanzialmente sono di tranquillo buon senso e di facile impostazione.

I partiti, oggi meno normati di una pro loco o di una società sportiva, dovrebbero avere personalità giuridica; depositare i propri bilanci certificati da sottoporre a controlli di rito; avere uno statuto ispirato appunto al metodo democratico, che garantisca regole, diritti delle minoranze, dinamiche certe di rappresentanza e partecipazione.

Con la scusa dell’accelerazione data dalla caduta del governo Draghi, sono saltate, laddove ci fossero state, tutte le regole di primarie, secondarie, parlamentarie, consultarie, per tornare a decidere nella solita stanza chiusa con dentro il Capo e pochi fedelissimi.

La legge elettorale vigente, il Rosatellum, aveva già dato pessima prova di sé nel 2018 nel determinare a tavolino il 90% dei parlamentari che sarebbero stati non eletti, ma ratificati dall’elettorato, imprigionato in meccanismi palesemente truffaldini e non rispondenti alla volontà dell’elettore.

Infatti ad esempio ogni donna candidata in 5 collegi, libera 4 posti a candidati uomini; il passaggio di voti dalle liste uninominali a quelle proporzionali fa eleggere chi è stato messo in buona posizione nella lista e non chi l’elettore vorrebbe al Parlamento; il cosiddetto “trenino” in cui viene eletto chi resta dopo le opzioni in altri collegi di chi viene prima in lista.

In buona sostanza il voto non è dell’elettore, cioè “del popolo”, ma di chi lo manipola dopo le elezioni, cioè i capibastone; ma non è neanche “dal popolo” perché il numero dei paracadutati è ancora una volta molto alto ed il principio della rappresentanza affidato a chi si conosce ed a chi conosce il territorio che tale voto esprime, è palesemente tradito.

Ora credere che il governo che scaturirà da questa legge elettorale sia “per il popolo”, diviene un puro atto di fede, o propaganda per creduloni, o peggio ipocrita malafede.

Abbiamo però ancora un mese di campagna elettorale e se i temi sollevati da Cassese e magari riproposti ed approfonditi dai media, fossero affrontati e ne scaturissero proposte da confrontare e magari impegni per la famosa domanda: ”Qual’è il primo provvedimento da fare appena eletti?”, forse non tutto sarebbe perduto, in termini di partecipazione al voto, fiducia nelle istituzioni, tenuta democratica nazionale.

Francesco Chicchiurlotto