☢️Non esistono territori vocati a ricevere scorie o rifiuti. Esistono rifiuti di cui la comunità deve farsi carico

Rifiuti a Viterbo

«Una riflessione “istintiva” a titolo personale.  In questi giorni si susseguono in modo parossistico e convulso le dichiarazioni di veemente protesta contro l’ipotesi che il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e Parco Tecnologico, ex D.lgs. n. 31 possa essere realizzato nella Tuscia. 2010.

Personaggi e personalità spesso lontani dai temi inerenti lo sviluppo sostenibile del territorio o della salvaguardia ambientale che ora si rivelano paladini della natura e della salute pubblica.

Le analisi, quando ci sono, sono superficiali e tralasciano alcune delle questioni centrali del problema.

Lo smaltimento in sicurezza dei nostri rifiuti radioattivi – citando un comunicato di Legambiente – è fondamentale per mettere la parola fine alla stagione del nucleare italiano e per gestire i rifiuti di origine medica, industriale e della ricerca che produciamo ancora oggi. Non è più possibile mantenere le scorie nucleari collocate in depositi temporanei situati in aree assolutamente inidonee e delle operazioni di smantellamento e bonifica delle vecchie centrali ancora da completare. Il problema degli attuali siti nucleari a rischio non può essere risolto costruendo nuovi depositi in questi stessi siti ma individuando, con trasparenza e oggettività, il sito per una diversa e sicura collocazione di tutti i materiali radioattivi presenti in quelle aree.

Ciò detto occorre approfondire la questione in modo responsabile e senza isterismi, o peggio strumentalizzando a fini di consenso il malumore delle comunità, che è giustificato solo nella misura in cui non sono informate e non sono partecipi di una percorso che deve comunque essere portato a compimento.

In altre parole occorre ripartire da alcune considerazioni oggettive.

Quando i pronunciamenti sono del tipo “Il nostro territorio non è adatto … ” senza che vi sia una valutazione nel merito, bisogna ricordare che nessun territorio lo è in assoluto; non esistono territori vocati a ricevere scorie o rifiuti. Esistono rifiuti di cui la comunità deve farsi carico.

Quando i pronunciamenti sono del tipo “Bisogna suddividere queste scorie tra tutti …” occorre ribadire che il sito Nazionale è una procedura che riduce i costi e i rischi in modo esponenziale e che l’Italia è sotto infrazione della Commissione Europea per il suo ritardo. Inoltre è una affermazione ipocrita, poiché chi la pronuncia non dice che si opporrebbe comunque ad una collocazione minore di rifiuti, ovvero anche fossero suddivisi.

Quando i pronunciamenti sono del tipo “Abbiamo già dato …” occorrerebbe sapere quanto le comunità vicine ai depositi attualmente presenti in questi decenni hanno dovuto temere per la presenza di scorie in siti inadatti al loro stoccaggio e quante siano le situazioni critiche di chi ha davvero vissuto le stagioni del nucleare o dell’industrializzazione selvaggia. (Poi vorrei sapere – in cuor mio – quanti sono venuti a manifestare nell’alto Lazio per le cave non bonificate o gli sversamenti in laghi e fiumi di liquami e altro ancora).

Quando i pronunciamenti sono del tipo “Non sono i nostri rifiuti …” bisognerebbe capire quanti accoglierebbero la nuova discarica territoriale (una volta esaurita Monterazzano a Viterbo) nel proprio territorio sotto casa rivendicando la proprietà di quei rifiuti; ovvero la prossima volta che avranno bisogna di radioterapia o di radiografie potranno portare con se a casa un pacchetto di radiazioni così da evitare al resto della comunità pericolosi oneri.

In sostanza esiste una enorme ipocrisia e una colpevole superficialità in questo dibattito, che non entra nel merito del problema ma si rifugia nella classica sindrome, dove NIMBY sta per “raccattare consensi facili in modo becero giocando su paure e ignoranza“.

Abbiamo quindi il dovere e l’urgenza di avviare un percorso trasparente, partecipato e condiviso col territorio che coinvolga i cittadini, le associazioni, le amministrazioni locali e la comunità scientifica, a partire dalle informazioni contenute nella CNAPI, cominciando a produrre osservazioni e non isteriche minacce di mobilitazione».

 

Umberto Cinalli