Depositi Radioattivi, continua il Seminario nazionale fra sopore, omologazione e qualche gag

Tavola Rifiuti radioattivi

«Si è svolta il 14 settembre la seconda giornata dedicata al Seminario indetto da Sogin per recepire le osservazioni pervenute da Enti, Comitati, Associazioni e privati riguardo al Progetto di Realizzazione del Deposito Nazionale e dell’annesso Parco Tecnologico (DN PT).

Come ampiamente preventivato, – scrive Angelo Di Giorgio per il Coordinamento Comitati della Tuscia – analogamente alla prima sessione, nella prima parte si sono alternati personaggi deputati alla presentazione di temi connessi con il nucleare in tutte le salse, dalla reiterazione ossessiva del progetto alla previsione dei disastri, alla enfatizzazione dei benefici economici. Qui non poteva ovviamente mancare il riferimento al deposito francese dell’Aube, ormai refren imperdibile di ogni trasmissione Sogin, esempio fulgido di successo per un paesino di 300 anime che ospita un gigantesco deposito nucleare (per scorie a bassa e molto bassa attività).  Non ho potuto, da spettatore, esimermi dal chiedere qualche chiarimento: ad esempio come poteva essere confrontabile il deposito francese, che accoglie soltanto rifiuti a bassa e molto bassa attività, con quello progettato per l’Italia, nel quale saranno stoccati rifiuti ad alta attività.

La risposta è stata interessante: nel deposito italiano non esisteranno rifiuti ad alta attività, esisteranno soltanto delle entità, i cask, i contenitori ad alta integrità. L’interpretazione della riposta è francamente inintelligibile per i comuni mortali e credo lo sia stata anche per quei settanta partecipanti rilevati dal sistema che assistevano in streaming alla trasmissione.

Questa è stata la risposta che dovrebbe fugare ogni riserva: il cask, che è stato realizzato per contenere i rifiuti radioattivi ad alta attività, una volta riempito delle scorie e conferito al DN PT, d’incanto assume il ruolo di mero contenitore, il cui contenuto non ha più alcun valore. Questo, infatti, collocato nella struttura di acciaio e cemento del cask, di fatto invisibile, diventa inesistente, un fantasma. Peccato che questo fantasma richiederà, quando Sogin sarà comoda, il tempo stimato è di 100 anni, la necessità di essere tombato in un deposito geologico di profondità a diverse centinaia di metri nel sottosuolo. Però, per 100 anni soltanto potrà tranquillamente rappresentare un rischio per il territorio che ospiterà il DN PT, realizzato per smaltire i rifiuti a bassa attività e non adatto allo stoccaggio dell’alta attività.

Interessante è stato l’intervento dedicato alla sicurezza nei confronti dei disastri: nessuno lo sapeva ma una decina di anni or sono una esondazione della Dora Baltea per poco non invadeva un deposito di rifiuti radioattivi. Tutto è andato bene, fortunatamente, ma la sensazione di pericolo ancora mette a dura prova la sensibilità delle coscienze di coloro che giustamente si debbono interessare della sicurezza dei depositi. È arrivato il momento di metterci mano. Il DN PT, realizzato per le scorie a bassa attività, ma deputato anche a contenete per un periodo “temporaneo di lunga durata”, ma pur sempre temporaneo, soltanto per 100 anni,  17.000 mc di rifiuti ad alta attività risolverà il problema. Basta spostare le scorie ad alta attività da un deposito insicuro ad un altro, egualmente insicuro, ed il problema è risolto. Ottima strategia.

Il relatore ha poi avuto la brillante idea di prendersela con coloro che propalano false notizie sul DN PT. Volete un esempio? ed ecco mostrato nella sua più completa espressività uno striscione di alcuni metri esibito a Corchiano.

Il relatore inorridito dallo striscione non può che stigmatizzarne il contenuto, declassato al rango di mala informazione se non di ignoranza. L’assimilazione del DN PT ad una discarica è troppo!

Peccato che il relatore non abbia capito il messaggio: il no era sia contro il DN PT che contro la decisione di conferire a Viterbo i rifiuti di Roma Capitale.

Il chiarimento è arrivato quasi in diretta da parte del Comitato di Corchiano. Ma a prescindere dal chiarimento non si può non rimarcare una certa dietrologia ed una ricerca del politicamente corretto quando non ce n’è alcun bisogno. Denominare un deposito di rifiuti nucleari come discarica nucleare è perfettamente corretto, nella nostra lingua.  Basta collegarsi ad internet e accertarsi del corposo numero di articoli scritti in queste settimane per verificare che molti giornalisti non hanno avuto titubanze a nominare come discariche nucleari i depositi di scorie. Ma lasciamo all’Accademia della Crusca queste colte disquisizioni e prendiamo atto della sostanza. Come è logico, Sogin tira l’acqua al suo mulino e imbandisce la tavola a suo piacimento: gli intervenuti nelle sezioni mattiniere sono ovviamente di parte e debbono sostenere il loro ruolo. Nel loro immaginario e nella faticosa ricerca di apparire moderati e tranquillizzanti a tutti i costi, anche le parole, giustamente, contano: stona chiamare discarica nucleare il Deposito Nazionale, anche se in italiano il significato è quello. Ma la parola discarica evoca altri pensieri, congetture negative che non debbono essere neanche lontanamente fomentate nell’immaginario dei cittadini italiani. Quei quattromila cittadini di Corchiano che hanno visto gli striscioni e che li hanno condivisi ed anche pagati speriamo non incorrano in qualche sanzione nel futuro, se quella ricerca a volte ipocrita del politicamente corretto, della omologazione secondo il sentore di alcuni che comandano, potrebbe essere veicolo  di reprimende se non di sanzioni. Ma Sogin , e la legge, per ora ci consentono di usufruire della democrazia, che anche nel caso del Seminario correttamente, o magari solo formalmente applicata, consentirà agli stakeholder di esprimere le proprie opinioni.

Nella seconda parte della sessione del Seminario del 14 settembre, finalmente iniziano a comparire le osservazioni dei portatori di interesse, estranei a Sogin. Si tratta di enti o entità nazionali che a vario titolo si interessano di problemi ambientali o di tematiche connesse al nucleare.

Abbiamo così potuto assistere ad una seduta soporifera, densa di interventi dai quali traspare una certa bonaria compiacenza nei confronti del progetto e dell’operato della Sogin, espressa nelle forme del più compunto e ossequioso interloquire.

Il leitmotiv più ricorrente è stata la necessità di creare un deposito sicuro. Bene sta facendo Sogin: è ora di porre fine alla situazione attuale: troppi depositi sparsi sul territorio; la sicurezza risiede in un deposito unico. Però anche Sogin ha qualche cosa da farsi perdonare: quel metodo che ha seguito per l’ordine di idoneità delle aree ha qualche difettuccio. Non c’è problema: si potrebbe pensare ad una sessione speciale dedicata al tema e forse qualche modifica, ma piccola, potrebbe essere presa in considerazione, così ha assicurato il dott. Chiaravalli: quando ci vuole ci vuole.

Fuori dal coro le esternazioni di un giovane ingegnere nucleare, ricercatore negli USA: ha illustrato tutto il suo curriculum; argomento poco attinente alla questione di fondo. Ma va bene: l’entusiasmo della giovinezza fa sempre ben sperare per il futuro. Questo è un buon viatico per quei giovani ingegneri dedicati alla ingegneria nucleare o alla fisica nucleare che già da ora iniziano a sperare in un radioso futuro nel Parco Tecnologico annesso al Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi o alla riaccensione per il mai sopito desiderio di nucleare che da sempre aleggia intorno alla produzione di energia in Italia. Speriamo che non sia necessario un terzo disastro nucleare per riportare tutti con i piedi per terra.

Attendiamo la prossima sessione, il 15 settembre, dove inizieranno a far sentire la loro voce le Regioni coinvolte nelle scelte Sogin. È ipotizzabile che il fair play di oggi cominci a lasciare spazio a prese di posizione meno accomodanti. La gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi è un dovere ed uno stato progredito deve occuparsene al meglio. E lo Stato Italiano, in ottemperanza alle direttive europee, sta rispondendo. Il problema è come questo avviene. Il problema è come ci si approccia ad un tema di tali proporzioni e gravità, tenendo conto degli interessi in gioco e non ultimo della Volontà delle Popolazioni investite dal problema. Rispondere alle direttive del governo è un dovere per tutti, ma difendere le proprie convinzioni e il proprio Futuro nei limiti del lecito è altrettanto un dovere ed una dimostrazione di democrazia e di coscienza.

Oltre 21000 cittadini della Provincia di Viterbo hanno aderito ad una petizione ufficiale contro il Deposito.

Tutte le autorità comunali hanno votato all’unanimità mozioni contro la realizzazione del Deposito Nazionale.

Tutti i Comitati della Provincia hanno elaborato osservazioni per contrastare la realizzazione del DN PT dotandosi di consulenti e impiegando risorse economiche: anche questo è un fatto. La CNAPI è stata pubblicata in gennaio: in questi mesi, faticosamente, le popolazioni locali hanno avuto modo di formarsi un’idea ed una convinzione, hanno potuto valutare il bene e il male dell’iniziativa, hanno in sostanza potuto trarre le proprie convinzioni.

La sensazione che alla fine del seminario si raccolgano soltanto o in grande maggioranza dimostrazioni di contrarietà è forte.  Se questo avverrà e se quindi nessun sito si dichiarerà propenso ad accogliere il DN PT, si sancirà il fallimento di Sogin nel convincere i territori della bontà, della sicurezza e deli vantaggi connessi alla realizzazione del DN PT. Starà quindi allo Stato dimostrare tutta la sua capacità di gestire un tale problema pur nella difficilissima posizione di dover tranquillizzare l’Europa ora così prodiga di aiuti verso la nostra nazione».