A Tarquinia un incontro per riscoprire gli Etruschi tramite i disegni di Smuglewicz

Villa Bruschi Falgari

Commissionatigli nel 1758 dall’antiquario scozzese J. Byres, sono copie dei principali monumenti tombali etruschi di Tarquinia e dei loro affreschi. Unica documentazione di importanti tombe

 

Si terrà a Palazzo Bruschi Falgari a Tarquinia, venerdì 10 settembre prossimo, l’incontro: “La riscoperta degli Etruschi nel XVIII secolo. Il ruolo di Franciszek Smuglewicz”. E proprio su questo relazionerà Marco Canani, dell’Università di Chieti.

L’appuntamento è in Sala delle Feste, durante il quale sarà rivalutata anche la figura di questo artista polacco di Varsavia. Un evento sorto dalla sinergia fra l’Associazione ‘Omnia Tuscia’, l’Ambasciata di Polonia e l’Istituto Polacco di Cultura a Roma.

Chi era Franciszek Smuglewicz e perché è così importante parlarne a Tarquinia? Questo sarà giusto il tema di Jerzy Miziolek, dell’Università di Varsavia, che proverà a rispondere all’interrogativo: “Smuglewicz, chi era costui?”.

Figlio d’arte, disegnatore e pittore (come il padre e il fratello Antoni), polacco-lituano d’origine giunse presto in Italia e qui si fece notare. Soggiornò a Roma tra il 1763 e il 1784; gli anni della svolta furono il 1765 e il 1766. Nel 1765, infatti, divenne borsista di re Stanislao Augusto, per il quale progettò la decorazione della Camera dei Signori del Castello reale di Varsavia; poi nella Capitale tenne i suoi studi frequentando, prima l’Accademia del Nudo in Campidoglio e poi l’Accademia di S. Luca. Due delle più prestigiose istituzioni in materia, che gli dettero lustro anche perché, presso la seconda, fu premiato per il disegno “L’incontro di Abramo con Melchisedec”.

La sua fortuna nacque dall’incontro con l’antiquario scozzese James Byres a Tarquinia, che gli commissionò copie di celebri pitture del Seicento per gli aristocratici inglesi. Dopo una prima fase caratterizzata dai ritratti di Byres e dei suoi familiari, i suoi lavori si sarebbero legati all’archeologia: in particolare alla copiatura delle pitture della Domus Aurea e di quelle di alcune tombe di Tarquinia. I suoi disegni non erano mere rappresentazioni, rielaborazioni personali nate dall’ispirazione suscitata da quei luoghi, ma erano vere riproduzioni attendibili di queste fonti di memoria. Tramite le sue copie appaiono davanti agli occhi, ad esempio, gli affreschi tombali commissionatigli nel 1758 da J. Byres per illustrare la sua opera The History of the Etrurians, di cui restano solo le tavole. Queste ci permettono di conoscere alcune delle tombe etrusche più emblematiche quali: la tomba della Mercareccia, quella del Cardinale ma anche di alcune oggi non più leggibili, come quelle di Ceisinie, della tappezzeria e del Biclinio.

Quest’ultima, una tomba a camera unica del IV secolo a.C., fu scoperta nel XVIII secolo. Purtroppo le pitture – per lo più raffiguranti il tema del banchetto – sono andate perdute ed è solo grazie ai disegni di J. Byres, conservati presso il Museo di Wurzburg in Baviera, che rivivono.

Una delle più celebri è la Tomba del Cardinale e sarà Maurizio Harari dell’Università di Pavia a parlare del rapporto fra Smuglewicz e la stessa.

Venuta alla luce nel 1699, fu soprattutto nel 1780 che, con l’interessamento del Cardinal Garampi, acquisì centralità: da qui il nome della tomba.

Costituita da due camere sepolcrali precedenti, presenta una sala quadrangolare con quattro grossi pilastri centrali, soffitto piano, travi in rilievo (nel settore destro), a cassettoni (nel settore centrale) e liscio (nel settore sinistro), e banchina lungo le pareti.

Per quanto riguarda le pitture, si tratta in particolare della decorazione della modanatura dei capitelli dei pilastri (con fregi a squame e rosette; con figure di combattenti su sfondo scuro; e vegetali) e delle pareti; soprattutto quella della metà destra del sepolcro vede circa 200 figurine dipinte su fondo ocra, e scene di viaggi di defunti nell’oltretomba: non mancano demoni ad assistere e cortei di altri personaggi d’accompagno. Da notare anche le iscrizioni, che fanno pensare che il sepolcro possa essere appartenuto alla nobile famiglia Vestarcnie, legata alla gens Spurinna da cui proveniva quel Vestricius Spurinna che fu due volte console di Roma durante l’età Flavia (nel I sec. d.C.). Oggi ci resta appunto il disegno commissionato dal Byres.

Altro alto esempio è la Tomba della Mercareccia, del IV-III secolo a.C. Rinvenuta nella prima metà del ‘700, è formata da due camere (su due livelli e con ingressi separati): quella inferiore è detta Tomba Guasta, mentre quella superiore riproduce la dimora patrizia di un alto magistrato etrusco. Infatti nei resti delle pitture, oltre a fregi animalistici, è rappresentato il cosiddetto “processus magistratualis”, il corteo funebre in onore del defunto committente della tomba.

L’incontro del 10 settembre, poi, rientra nell’ambito del progetto di valorizzazione e promozione culturale delle necropoli di Tarquinia e Cerveteri “EtruSCO” (sito UNESCO), patrocinato da: Comune di Tarquinia, MIC, Regione Lazio, Direzione Regionale Musei Lazio e Sabap per l’Etruria meridionale e la provincia di Viterbo. All’interno di esso, tra gli altri, Giovanna Bagnasco Gianni e Matilde Marzullo dell’Università di Milano tratteranno di “Smuglewicz nel progetto T.Arc.H.N.A.”. In tale ambito si inserisce un altro e nuovo impulso a un patrimonio culturale vasto come quello di Tarquinia.

T.Arc.H.N.A., acronimo di Towards Archaeological Heritage New Accessibility, è  un progetto che rientra nel Programma Europeo Cultura 2000 e concretizzato fra il 2004 e il 2007 da un Consorzio (di cui è capofila l’Università di Milano, soprattutto col Dipartimento della Cattedra di Etruscologia). Ma Tarchna è anche il nome etrusco dell’antica Tarquinia.

Lo scopo, infatti, è restituire alla collettività la conoscenza del patrimonio culturale di monumenti e reperti della città, disperso in diversi musei d’Europa e del mondo. Recuperarlo, ampliarlo, ma anche valorizzarlo e promuoverlo, ricostruendone il contesto storico, sociale e antropologico originario e creando un sistema per la gestione e la divulgazione dei contenuti scientifici attraverso strumenti innovativi e versatili, multimediali, accessibili a tutti; addetti ai lavori e non.

Queste ultime si avvarranno anche del contributo che ha dato alla figura di Smuglewicz, l’archeologo, storico dell’arte ed etruscologo polacco Witold Dobrowolski Witold Dobrowolski, che lavorò a lungo al Museo Nazionale di Varsavia e nel 1978 fu autore del contributo: I disegni delle tombe etrusche di Franciszek Smuglewicz e la sua collaborazione con James Byres.