La storia della famiglia Romei di Tuscania

Nel 1200 vi era a Tuscania il palazzo, con un bel salone, del nobile Paolo Romei , davanti all’antica facciata della chiesa di San Lorenzo. Nel 1230 egli allevava il bestiame nella contrada Selva Romana. Alla sua morte i suoi beni passarono ai figli. Nel loro palazzo c’era anche una bella torre, come si trova scritto in un atto rogato dal notaio Pietro Boncambi :” ante turrem filiorum domini Pauli” e le stalle al piano terra.

I Romei erano amici di Gerardo, un cataro patarino di Albi in Occitania. Il 16 marzo 1244 a Montsègur vi fu una strage di cristiani catari, dopo cinquanta anni di persecuzioni. Alcuni di loro riuscirono a rifugiarsi nella Vandea e nell’Italia settentrionale. Angelo detto Voccacepolla , in quanto aveva una bocca come una cipolla, era un cataro patarino e nel castello di Acquabona , detto anche Castel Ghezzo , possedeva un casalino, una vigna ed una tenuta ; fu condannato per eresia dall’inquisitore della provincia romana Frate Bartolomeo da Amelia dell’ordine dei Frati Minori, il quale, il 30 settembre 1274, confiscò i suoi beni. Scrisse Roberto Quarantotti :” A Romei pervenne una missiva scritta con la data prestabilita in cui avrebbe dovuto discolparsi dall’accusa di eresia nella chiesa di San Francesco. Nella navata della chiesa furono apprestati i tavoli posizionati a ferro di cavallo. Romei, tolta la spada, fu posizionato al centro; al vertice dei tavoli ve ne era uno più alto dove prese posto Frate Bartolomeo da Amelia dell’ordine dei frati minori, inquisitore della provincia romana, ai lati presero posto alcuni frati del convento di San Francesco, tra cui il guardiano frate Pietro ed altri posti furono occupati dal clero di Toscanella, tra i quali il vicario.

L’inquisitore gli disse:” Sei accusato di eresia e di far parte come seguace dei patarini e di ribellione verso la chiesa di Roma; il tuo nome è stato fatto da un certo Gerardo di Albi d’Occitania cataro che, prima di morire, ha confessato il tuo nome e l’incontro avuto pochi mesi fa in casa tua. Anche le guardie della porta di San Donato hanno confermato il tuo incontro. Il clero di Toscanella si lamenta della tua ostilità verso di loro. Cosa hai a dire a tua discolpa?” Romei era ancora scioccato per la notizia della morte dell’amico Gerardo, si fece comunque coraggio e disse:” E’ vero che mi sono incontrato con il mio amico Gerardo di Albi, le nostre idee sulla religione coincidevano, ci siamo incontrati per poche ore una volta sola di notte, per poter essere rifocillato e per salutarmi prima che ripartisse per Roma.” A quel punto il frate inquisitore lo interruppe dicendo:” Una notte basta per fare piani eversivi contro la chiesa.” Romei continuò :” Non abbiamo fatto nessun piano eversivo, siamo di idee pacifiche, ci ispiriamo alla religione che ci ha lasciato Gesù Cristo, dopo che voi l’avete stravolta per vostra convenienza.

Romei Di Tuscania

Dove sono i vangeli scritti dagli Gnostici, dagli Esseni che ci avete vietato in favore dei vostri vangeli che ci avete imposto?” il frate inquisitore si alzò in piedi e disse ad alta voce :” Taci! Taci! Blasfemo, è Satana che sta parlando per te!” Poi ordinò di portarmi in una stanza laterale alla navata della chiesa, nella quale nella parete vi è un crocefisso, con l’intento che nell’attesa avrei confessato i miei peccati e poi si sarebbero riuniti per concordare tra loro la sentenza finale. Intanto , mi giungevano le voci concitate dei giudicanti, segno che i pareri della punizione non erano concordi. Passò poco tempo e fui riaccompagnato al centro dei giudicanti: i giudici si alzarono in piedi mentre il frate inquisitore cominciava a leggere la sentenza. :” Sei ritenuto colpevole di atti e pensieri di eresia, pertanto disponiamo la confisca dei tuoi beni. Inoltre sarai bandito dalla città di Toscanella e dallo stato della chiesa. Hai una settimana di tempo per lasciare la città, per intercessione di frate Pietro ti accompagnerà in esilio anche tua moglie Matilde, che, di sicuro , avrai corrotto con le tue idee. Noi volevamo esiliarti da solo ed affidare tua moglie al clero per riportarla e educarla alla nostra santa religione.

Vorrei esprimere un’ultima considerazione personale. Meriteresti di essere condannato al rogo sulla pubblica piazza; per le parole sacrileghe, uscite dalla tua bocca, le autorità comunali dovranno dare atto alla confisca dei beni; credo che abbiamo espresso la volontà del Signore.” Il giudice Toscano di Tommaso da Sutri, vicario del podestà di Toscanella, che allora era Orso Orsini, vendette i suoi beni “ratione criminis hereseos , in quo dictus Angelus, inquisitionis officio, fuit repertus culpabilis ed infectus.” “Romei e la moglie caricarono su un carro quel poco che era stato loro consentito portar via, alcuni effetti personali tra cui piatti, pentole e ciò che serviva per cucinare, i prosciutti, le pacche di lardo. Andarono verso l’ignoto. Per loro fortuna Toscanella era situata vicino alla contea degli Aldobrandeschi in Toscana. La mattina presto del giorno prestabilito, Paolo salì sulla torre, dove si poteva ammirare tutta Toscanella, dette un ultimo sguardo alla sua patria, salutò la chiesa di San Francesco , guardò la valle, dove scorre il fiume Maschia, con il campanile della chiesa di Sant’Angelo che emergeva dalla nebbia della valle, infine il maestoso palazzo dei Priori sul colle del Rivellino. Matilde lo aspettava sul carro. Partirono per l’esilio, salutati dai concittadini. Viaggiarono tutto il giorno , nel pomeriggio arrivarono sul ponte del fiume Fiora che era il confine tra lo stato della chiesa e la contea degli Aldobrandeschi. Prima di attraversare ,furono fermati dai doganieri pontifici che controllavano i flussi sia in entrata come in uscita.

Quando fu il loro turno Romei consegnò il foglio che aveva avuto dall’inquisitore, in cui era specificato il motivo del transito. Controllarono il carico del carro che consisteva in masserizie e poi dettero il benestare per passare. Scelsero di andare a Pitigliano, per consiglio di Alleuccio di Matasia, il banchiere ebreo al quale avevano affidato il loro denari a Toscanella, per evitare la confisca dell’inquisizione. Alleuccio disse loro che avrebbero potuto ritirare la somma, a lui versata, dal suo amico banchiere ebreo Abramo di Alleuccio di Pitigliano. Là giunti, Romei schiodò con la spada la tavola che custodiva una piccola catana di cuoio, che aveva inchiodato nelle assi del carro, la quale conteneva la lettera di Alleucio Matasia al suo amico banchiere, che avrebbe permesso di ritirare i loro denari. Entrarono nella porta della cittadina e si recarono nel quartiere degli ebrei.

Arrivarono davanti ad una casa con una porta, che aveva impressa su un lato la stella di David. Alleuccio li fece entrare , lesse la lettera del banchiere di Toscanella e fece vedere loro una casa in vendita. Fu di loro gradimento, era arredata, con la stalla sottostante e un pezzo di terra lungo la valle, fuori dalle mura. I denari furono sufficienti e rimase anche un po’ di liquido.” Il loro palazzo a Toscanella divenne poi la residenza del Podestà che amministrava la giustizia e l’ordine pubblico. Davanti al palazzo verso sud fu posizionata la colonna dei bandi e dei debitori insolventi.