Rete degli Studenti Medi: Lotteremo per una città che offra a tutti gli stessi diritti

Rete degli studenti medi di Viterbo

VITERBO – Venerdì 14 gennaio, uno studente con disabilità è stato aggredito da due ragazzi più grandi nel centro di Viterbo. Dopo essere stato seguito, è stato fermato, aggredito e rapinato – dichiarano Teresa Pianella e Bianca Piergentili, Rete degli Studenti Medi di Viterbo.

La vittima, dichiara la madre, ha voluto subito proseguire denunciando l’accaduto presso il comando dei Carabinieri di Viterbo: un gesto di coraggio da non sottovalutare, possibile grazie solo all’educazione datagli dalla famiglia. La madre infatti dichiara “gli abbiamo sempre insegnato che chiedere aiuto è giusto, che chiedere aiuto fa bene e che i torti subiti devono essere sempre puniti”.

Bisogna cominciare a ragionare proprio sull’educazione per migliorare la grave situazione nelle nostre città. Solo grazie ad una risposta da parte delle istituzioni scolastiche e con vari progetti che puntino all’educare l’individuo al rispetto altrui e alla solidarietà verso il più debole è possibile frenare queste situazioni di bullismo, perché è di questo che si tratta. Bullismo che spesso viene affrontato solo come un problema all’interno dei locali scolastici, ma che, come dimostrano episodi come questo, coinvolge anche luoghi meno sicuri e controllati. La non sicurezza di questi luoghi, però, non può impedire a ragazzi con disabilità di frequentarli. Questo, infatti, lede all’ autonomia degli individui, autonomia che talvolta manca anche nel compiere gesti apparentemente banali, come rientrare a casa da soli. “Lo abbiamo raggiunto per portarlo a casa e ci ha chiesto di tornare insieme ai suoi compagni”, afferma la madre. Un’attività che dovrebbe essere svolta in modo autonomo in uno stato di diritto, ma a cui evidentemente non tutti hanno accesso. E non perché impossibilitate, ma perché limitate da un contesto sociale che non riesce ad offrire a tutti eguali diritti, in questo caso a causa della mancata educazione al rispetto del prossimo. Questo costringe oggi un ragazzo a non poter tornare a casa in autonomia, una donna a non poter passeggiare a certe ore del giorno o una coppia gay a non potersi baciare in pubblico.

Quello delle aggressioni rivolte a persone con delle disabilità , nonostante sia un tema presente nel dibattito pubblico, viene affrontato senza la dovuta attenzione, soprattutto quando sono coinvolte vittime così giovani. Spesso infatti non si analizza il contesto sociale in cui le vittime vivono quotidianamente, e di conseguenza ancora meno vengono considerati gli effetti di queste particolari intimidazioni e aggressioni. Effetti che possono distruggere gli sforzi che le famiglie, soprattutto in questa grave situazione economica, compiono per assicurare ai ragazzi vite con più possibilità e che portano chi subisce questi soprusi a rassegnarsi alla situazione attuale.

Come studenti e come ragazzi ci colpisce profondamente quanto affermato dalla madre del ragazzo, che dice: “Dopo lo shock iniziale, abbiamo dovuto far pace con l’idea di una città che non è come quella che ci immaginavamo […] È amaro rendersi conto che lui alcune cose non potrà mai farle. E non perché non ci riesca, ma perché il contesto non glielo consente.”

Per quanto il contesto sociale della nostra città oggi risulti ostile e per niente inclusivo verso determinate minoranze, noi non siamo disposti a scendere a compromessi con questa idea di città. Per questo, non ci limitiamo a offrire solidarietà alla vittima e alla famiglia del ragazzo, sperando che cose simili non avvengano più, ma ci sentiamo in dovere di portare avanti una lotta che parta dalle scuole e dall’educazione degli studenti all’inclusione, al rispetto e alla solidarietà.

Questa nostra battaglia deve essere portata avanti anche dal punto di vista legale attraverso leggi che tutelino maggiormente gli individui più fragili della comunità, come ad esempio il DDL Zan, barbaramente affossato dalle destre con tanto di applauso. Ci chiediamo dunque: con che coraggio ancora adesso si afferma che una legge del genere non è necessaria? E’ davvero questa legge a limitare le libertà altrui?

Quello che serve oggi al paese, oltre a progetti che educhino al rispetto, è una legge di civiltà che sia capace di dare giustizia alle migliaia di vittime dell’odio diffuso e radicato in questo paese. Non siamo disposti ad accettare che qualcuno debba ingiustamente piegare la testa per sottostare a queste becere dinamiche di bullismo.
Se è vero che parte di questa città aggredisce, rapina e getta rifiuti contro chi è apparentemente più debole, è anche vero che una parte più forte e più giusta è pronta a lottare affinché queste situazioni non si verifichino più, affinché gli oppressi possano avere il loro riscatto e affinché si arrivi a vivere in una città che offra a tutti gli stessi diritti.