«Domandiamo ai Sindaci cosa farete ora? Avete intenzione di rinominare l’ennesimo consiglio di Amm.ne portando avanti lo stesso modello di gestione dell’acqua?
La crisi della Talete – afferma il Comitato “Non ce la beviamo Viterbo” – chiarisce in modo netto come il modello SPA su base ATO non sia un modello di efficienza e di economicità. Organizzazione elefantiaca, assoluta assenza di investimenti, favoritismi politici e spartizione di posti oltre, ovviamente, l’aumento delle tariffe, sono il risultato vero e tangibile ottenuto con le scellerate scelte di SPA e ATO provinciali.
Nessuno però si è dato la pena di indagare le cause dell’aumento della tariffa a parità di qualità di acqua e della netta riduzione della qualità del servizio; peraltro il settore resta privo di significativi investimenti e con la maggior parte degli interventi dati in appalto a ditte private.
Non parliamo poi di un vecchio e lacunoso Piano d’Ambito che ancora non contiene indicazioni definitive per la risoluzione della presenza di inquinanti.
Tutto quello che succede nel settore idrico è stato programmato e previsto in vista della privatizzazione totale o parziale della sua gestione; una politica seguita da tutti i partiti, nelle varie epoche e con le varie denominazioni, contestualmente alla distruzione di consorzi pubblici e aziende speciali, fiori all’occhiello per moltissime realtà sostituite con le SPA con l’evidente obiettivo di essere vendute, privatizzate, scorporate e immesse nel mercato azionario a favore della speculazione.
Né vale la scusante di un mancato ingresso di alcuni comuni in Talete: Talete gestisce oltre i 2/3 delle utenze e della popolazione e certamente non sarà l’ingresso di piccoli o piccolissimi comuni a modificare significativamente la situazione finanziaria, anzi, vista la presenza di numerosi mutui e la loro distribuzione territoriale è probabile ci sia un aumento di costi non compensati dalle entrate.
Il modello basato su ATO provinciali, individuati come elemento ottimale, contrasta invece con l’indicazione e la gestione sulla base di bacini idrografici come previsto dalla “Carta europea dell’acqua”; si aggiungono poi provvedimenti come lo “sblocca Italia” e ancor di più la mascalzonata da parte della Cassa Depositi e Prestiti (banca pubblica) di negare prestiti ai comuni per interventi sulla rete idrica, mentre finanzia il commercio e la costruzione di armi, gli affari di banche e fondazioni con i soldi della collettività – risparmi postali -.
Nessun politico dirà mai chiaramente che vuole la privatizzazione, ma tutti sostengono provvedimenti che obbligano a questa scelta, facendo mancare anche i finanziamenti per investimenti tranne quando li chiedono le società private per poter gestire gli acquedotti con maggior profitti e minor spese.
Bene hanno fatto alcuni comuni a non aderire a Talete, che continua a esigere da piccoli utenti morosi lasciando tranquilli i grandi evasori.
Il superamento della Talete non è solo necessario, ma indispensabile per riavviare una corretta gestione pubblica che si basi sulla realizzazione e sui contenuti della legge 5/2014 della regione Lazio che Zingaretti e il Partito Democratico si ostinano a non applicare.
Inoltre è indispensabile il ricorso alla fiscalità generale, che la stessa Legge prevede, per affrontare le ingenti spese di dearsenificazione nella nostra provincia perchè è intollerabile che tutto venga caricato sulla tariffa.
In merito a ciò la responsabilità è della Regione che ha finanziato solo per i primi anni tali spese , che ricordiamo ammonterebbero a circa 9 milioni di euro l’anno, e dei Sindaci che non hanno avviato iter di richiesta ufficiale di tali finanziamenti.
Fra qualche settimana i sindaci saranno chiamati a prendere delle decisioni, li invitiamo a ritrovare la dignità della rappresentanza dell’elettorato popolare e non a seguire la politica scadente e compromissoria dei partiti».