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BORGHI E METROPOLI

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Ci siamo quasi, alla scadenza delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno ed abbiamo assistito al posizionamento dei candidati, anche in modo arruffato e strumentale: a cominciare dal Vannacci, nuovo profeta populista incaricato di risollevare le sorti elettorali di un Salvini arrivato “alla frutta”, dopo l’aperitivo al Papeete, un primo leggero di una 40ina di milioni di euro, ed un secondo pesantino dell’arcata unica del ponte sullo stretto.

Ma abbiamo anche altro, visto che cifra populista ormai imperversa in tutte le formazioni: c’è il Marco Tarquinio, per il PD, contrario all’invio di armi all’Ucraina, la quale colpevole del fatto di essere stata aggredita da quel galantuomo di Putin, dovrebbe sventolare la bandiera bianca di papalina memoria.

Peccato che la posizione del partito in cui si candida, sia in Parlamento che fuori è, all’opposto, per il sostegno armato, ma la coerenza quando mai è stata una diffusa ed apprezzata virtù politica?

Per non parlare dei candidati illustri ed apicali che non andranno mai a Bruxelles, o quelli che ci andranno senza conoscere un’inglese spendibile, o quelli che vorrebbero andarci utilizzando il nome di una sfortunata ragazza in ceppi e catene.

C’è slogan “Più Italia, meno Europa!”, che è la quint’essenza della stupidità, se applicata agli importi miliardari del PNRR, o ai fondi strutturali che ogni sette anni spilucchiamo appena; che c’importa?, tanto noi facciamo debito costante e progressivo!

L’Italia immaginifica poi non può farsi mancare il sublime, l’impalpabile, l’etereo: come altro definire “GIORGIA MELONI DETTA GIORGIA” ?

Naturalmente, ne sono sicuro, nei 30 e passa giorni di campagna elettorale, quella canonica non questa che dura da un anno e mezzo, i temi veri usciranno fuori ed auspichiamo che ciò avvenga con chiarezza, perché dall’esito del voto sapremo in particolare se il PSE resterà il perno di una alleanza di “centro sinistra” o se l’asse si sposterà a destra, o anche se il progetto di Meloni di un fronte ampio moderato sarà la vera novità politica di quest’anno.

Vorrei, occupandomi da anni di istituzioni locali, sottolineare come la UE, almeno negli ultimi decenni, ha dimostrato una qualche sensibilità alle dinamiche territoriali: non solo le Regioni europee, ma anche i Comuni; non solo le aree metropolitane, ma anche i borghi ed i paesi; naturalmente c’è da fare di più.

Se fossi in grado di suggerire una nuova politica comunitaria partirei proprio dai borghi e paesi, perché è da essi che può cominciare a risolversi la crisi demografica ed ambientale che sottende ogni opzione di sviluppo e progresso europeo.

Poiché la nostra politica nazionale, continua ad ignorare con iattanza lo spopolamento delle aree interne e montane, in conseguenza del loro invecchiamento ed impoverimento; continua ad ignorare che l’Italia non è storica derivazione di monarchie assolutiste come la Francia, la Spagna, l’Inghilterra, ecc., o di principati come quelli tedeschi, ma è l’Italia dei Comuni: 5.435 dei quali ( sul totale di 7.904)  con popolazione sino a 5.000 abitanti ( inoltre 4.000 di questi sono montani).

Ci sarà qualcuno in UE che darà direttive di CONTROESODO, con risorse adeguate a garantire la difesa e la valorizzazione del patrimonio di cultura e colture, tradizioni, storia e folklore, dei nostri Comuni? Vedremo!

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