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DRAGHI DOCET

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Il Direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, ci chiede retoricamente se possiamo reggere una campagna elettorale, inaugurata in questi giorni dalla Lega, sino al prossimo giugno, in cui voteremo per il rinnovo del Parlamento Europeo, senza arrecare importanti  danni alla nostra democrazia così poco partecipata, ed al nostro sistema economico, che baldanzosamente si avvia al traguardo dei 3.000 miliardi di debito pubblico.

La domanda non è peregrina visto che per qualche voto in più dell’inesausto bacino elettorale populistico, si stanno inasprendo i rapporti tra le formazioni politiche, e visto che il voto sarà proporzionale, e quindi “Ognun per sé e Dio contro tutti”, parafrasando il titolo dell’ultimo libro di Werner Herzog.

Ma l’inasprimento più importante è quello che si è verificato nelle ultime settimane nei confronti dell’Unione Europea, di alcuni suoi importanti stati membri, ed addirittura del Nostro Commissario all’Economia, Paolo Gentiloni.

Siamo dentro un marasma: tra esplosione del flusso migranti, ben prevedibile dopo le catastrofi naturali di Marocco e Libia, il fallimento degli accordi con la Tunisia, e la pressione Wagner nell’Africa Sub Sahariana; le riforme istituzionali e le tante promesse elettorali sempre più vagheggianti, e l’accentuata concorrenza a destra ed i distinguo esiziali a sinistra. Il tutto congiura a farci perdere di vista i veri nodi da sciogliere, le problematiche da avere chiare per tentare delle soluzioni comuni ed efficienti.

Mario Draghi, di recente chiamato ad un incarico di studio ed analisi per la Commissione, ci prova a dare un contributo di chiarezza dalle pagine dell’ECONOMIST.

Dal celebre “Whatever it takes!” (Tuttociò che serve!), come Presidente della Banca Centrale Europea dal 2011 al 2019, che salvò l’euro e le tasche di tutti noi Europei, ad oggi in cui sono cambiate per tutti le condizioni di base, con la pandemia, la crisi energetica e la guerra russa d’aggressione all’UCRAINA.

Per le attuali emergenze, transizione ecologica e transizione informatica, l’UE ha messo in campo 750 miliardi di euro, con la fetta maggiore per l’Italia nel PNRR.

Ci sono, scrive Draghi,  due strade da seguire: la prima, allentare le politiche di aiuti di stato lasciando i singoli membri ad apportare le scelte fiscali che ritengono opportune; la seconda è quella di ridefinire il quadro fiscale dell’UE, trasferendo maggiori poteri di spesa al centro e rendendo automatiche regole credibili negli stati membri, proprio come stanno facendo gli USA, in cui il livello federale si fa carico della maggior parte delle spese discrezionali, ed a livello periferico è vietato per i singoli stati indebitarsi.

Certo che c’è bisogno di una ulteriore cessione di sovranità in un settore delicatissimo come quello fiscale: ma se pensiamo che è saltato lo scherma storico-strategico della sicurezza affidata agli USA, le esportazioni alla Cina e l’energia alla Russia, non resta che rafforzare l’unica istituzione comune che abbiamo, l’Unione Europea.

Draghi il suo compito l’ha svolto, al solito, lucidamente; certo se abbiamo a che fare con chi impedisce la tassa di successione, invoca la “libertà” dai vincoli europei, vagheggia un sovranismo miserrimo, minoritario e velleitario, ed accampa valori obsoleti e ampiamente tramontati, ci resta solo di sperare in una diffusa sollevazione di ragionevolezza e buon senso, che non mi pare sinora alberghi qui da noi.

Francesco Chiucchiurlotto

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