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Comitato “Non ce la beviamo”: Acqua privata, bolletta più salata

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“La maggior parte dei Sindaci presenti alla riunione del 14 Novembre u.s. insieme al  Presidente della Provincia Romoli, – scrivono dal Comitato “Non ce la beviamo” di Viterbo e della Tuscia, – hanno votato per privatizzare la nostra acqua.

Ci dicono che era l’unica strada perché la società Talete avrebbe  “costi gestionali con perdite mostruose”.

La prima domanda che dobbiamo porci è: ma allora perché i privati sarebbero interessati a entrare in una società che sta fallendo? E se esiste la  necessità di finanziamenti, perché non sono stati richiesti da parte degli stessi Comuni?

La verità è che questi Sindaci hanno rinunciato al loro dovere fondamentale di amministrare i servizi pubblici,  perché è più comodo delegare a terzi  e, al tempo stesso, obbedire agli ordini dei loro partiti di riferimento, vicini alle lobby finanziarie. Come dire: con una fava due piccioni.

Purtroppo però le conseguenze di questa scelta scellerata le pagheremo noi  cittadini con nuove impennate delle bollette, perché con questa operazione non solo graveranno sulla tariffa tutti i costi di gestione dell’acqua ma a ciò si dovrà aggiungere anche la quota di profitto che il socio privato persegue per scopo aziendale.

Infatti, con il 40% del pacchetto azionario il privato che subentra  sarà in grado di imporre le proprie decisioni dettandone la linea. Anche gli investimenti non saranno decisi in base alla logica del bene comune e del benessere della collettività, ma sempre perseguendo la stessa logica del profitto.  E questo fa scattare un campanello d’ allarme anche in relazione ai disastri ambientali.

Il vicino lago di Bracciano, tuttora mutilato,  non è che un piccolo assaggio di quello che può accadere.

Vedremo cosa succederà con il progetto del raddoppio dell’acquedotto del Peschiera, un’opera faraonica in mano ad Acea, che – oltre a dilapidare centinaia di milioni di fondi pubblici, per portare acqua alla provincia di Roma e ad alcuni comuni della Tuscia da oltre 100 km di distanza –  potrebbe anche pregiudicare la vita del fiume Velino già sovrasfruttato.

  Un progetto di cui non si è verificata l’effettiva utilità per la Tuscia: i nostri Amministratori non si sono neanche degnati di discutere la fattibilità della proposta dell’Università della Tuscia di sviluppare lo studio preliminare capace di captare acqua potabile da sorgenti presenti sul territorio, con costi e tempi di realizzazioni  inferiori.

Quella della privatizzazione dell’acqua e del sistema idrico è l’unica strada che Talete e i nostri Amministratori hanno continuato a perseguire, riversando su di essa tutte le energie e il loro operato, in barba ai veri problemi presenti in questa provincia, a partire dalla potabilità dell’acqua.

Tutte le strade alternative proposte non sono state neanche oggetto di discussione:

– no alla richiesta di applicazione della Legge regionale 5/2014, che avrebbe restituito la gestione delle acque ai territori;

– no agli studi  elaborati dall’Università della Tuscia per reperire acqua potabile sul territorio;

– no alla richiesta di contributi alle Istituzioni nazionali e regionali per sgravare i costi derivanti dalla dearsenificazione.

In sostanza i cittadini – dopo essere stati vessati per anni attraverso una gestione costosa e poco trasparente – domani lo saranno ancora di più,  poiché questo atto amministrativo sancisce già dalla nascita nuovi e incontrollabili aumenti delle tariffe,  completamente a carico della cittadinanza.

Ma ciò che è ancor più grave è che la nostra acqua, il bene pubblico per eccellenza, il più prezioso perché essenziale alla vita, viene ceduto al mercato e alla speculazione.  Il tradimento della volontà popolare è stato servito.

Noi da parte nostra, insieme ai cittadini della nostra provincia che a maggioranza votarono affinché l’acqua rimanesse in mano pubblica, faremo il possibile perché non si compia questo scellerato progetto”.

Maurizio Brodo
Maurizio Brodo
Direttore Editoriale

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