Viterbo, Coldiretti contro nuovi impianti ad energia rinnovabile

Fotovoltaico

Nei giorni scorsi la presidente di Coldiretti Viterbo Maria Beatrice Ranucci ha chiesto alla Regione Lazio un confronto urgente per discutere dell’ulteriore installazione di impianti a energia rinnovabile, definendola un problema nonché una minaccia per le produzioni agricole di pregio. Nella lettera si sosteneva che l’installazione a terra dei pannelli fosse causa di consumo di suolo “a danno delle produzioni locali, del patrimonio agroalimentare e delle eccellenze della regione, nonché dell’indotto occupazionale che garantisce”.

GIS rispetta il lavoro di Coldiretti, ma non può esimersi dal sottolineare che questa preoccupazione non ha fondamento. La convinzione che le energie rinnovabili rubino suolo all’agricoltura e non tutelino la biodiversità è una convinzione diffusa, ma falsa. Innanzitutto, per impianti “a terra” non si intendono coperture fotovoltaiche a contatto col terreno, ma strutture sospese e sopraelevate, che consentono comunque un razionale e benefico utilizzo dei terreni sottostanti. Come hanno sottolineato di recente Legambiente e Ispra, è quindi vero che il fotovoltaico a terra occupa suolo, ma non lo consuma né lo rovina. Questo perché – per citare le parole di Attilio Piattelli, presidente del Coordinamento FREE – “non impermeabilizza i suoli, non intacca la biodiversità, non possiede strutture inamovibili e, una volta rimosso, non lascia tracce sui terreni”.

I pannelli non pregiudicano nemmeno un eventuale uso agricolo delle superfici. Il rapporto “Solar, Biodiversity, Land Use: Best Practice Guidelines” dell’associazione europea SolarPower Europe, ha anzi sottolineato che gli impianti possono contribuire alla valorizzazione della flora e della fauna locali se ben progettati. Non si tratta solo di un assunto teorico: l’agrivoltaico, un sistema ampiamente messo in pratica, prevede l’utilizzo del suolo sia a fine energetico che agricolo o di allevamento.

GIS è molto sensibile a questo tema come dimostra il fatto che ha già costruito un impianto di questo tipo a Viterbo da 75,5MW e, tramite una sua associata, ne sta creando altri quattro sempre in Lazio. Oltre a produrre circa 450 GWh all’anno e a dare lavoro a 900 persone per circa un anno, questi nuovi pannelli a terra apporteranno benefici anche ai terreni incolti sui quali saranno realizzati: grazie all’ombreggiatura dei pannelli, si stima infatti che rimarranno più umidi e fertili, favorendo tra l’altro il ricambio del tappeto erboso. Dire, come fa la presidente di Coldiretti Viterbo, che ulteriori impianti FER determineranno la perdita di altri 6000 ettari di terreno sui 70mila di consumo del suolo possibili a livello nazionale rischia quindi di essere ingannevole.

Di certo c’è che l’Italia sulle rinnovabili è ancora lenta, come ha certificato il 14° Rapporto GreenItaly, e che la transizione verso fonti di energia pulite è rallentata dalla troppa burocrazia e dall’inefficienza della rete elettrica. A questi ostacoli, non si dovrebbe aggiungere un immotivato pregiudizio nei confronti degli impianti fotovoltaici. Invitiamo Coldiretti Viterbo, gli enti locali e tutti gli altri portatori di interesse a non generalizzare, tenendo conto che c’è chi opera in modo etico, nel rispetto del territorio e pure si vede costretto a battagliare per dimostrare la bontà dei suoi progetti.