CINGHIALI DA PROBLEMA A RISORSA

La caccia nella nostra regione è disciplinata in un complesso sistema di organismi sia istituzionali che associativi, che contemplano ormai ogni suo aspetto: faunistico, venatorio, sanitario, organizzativo, sanzionatorio.

Gli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia) sono delle suddivisioni dei territori provinciali in ciascuno dei quali un Comitato di Gestione, composto da rappresentanti delle associazioni venatorie, agricole, ambientaliste e rappresentanti degli enti locali, attua la gestione faunistica e organizza il prelievo venatorio nel cosiddetto territorio libero di caccia, cioè tutto il territorio ad esclusione delle aree a divieto di caccia e di proprietà degli istituti faunistico-venatori.

Gli ADA regionali (Ambiti Decentrati Agricoltura), provvedono, nell’ambito provinciale di competenza e sulla base delle direttive impartite, ai rapporti con l’utenza gestendo, anche con l’ausilio dei sistemi informatici ed informativi, le istanze di finanziamento per l’accesso ai regimi di aiuto istituiti dalla normativa regionale, nazionale e comunitaria.

Gestiscono poi le domande per il rilascio di autorizzazioni, certificazioni, qualifiche, attestazioni ed ogni altro provvedimento o atto di competenza, svolgendo funzioni di controllo.

Quello che di recente ha colpito ed interessato l’opinione pubblica è senza dubbio il fenomeno della crescita incontrollata del numero di cinghiali, cresciuti in modo esponenziale con l’immissione nel nostro territorio di specie non autoctone, che vi hanno trovato condizioni di elevata proliferazione.

La nostra provincia è suddivisa in due zone principali di caccia, la VT1 a nord e la VT2 a sud, a loro volta suddivise in ulteriori ambiti.

Nel 2023 ci sono stati circa 5000 abbattimenti nella prima e poco meno nella seconda zona di caccia al cinghiale, effettuati da un centinaio di squadre, suddivise in Distretti e regolamentati da un Disciplinare che la Regione Lazio adotta ogni per ogni stagione venatoria, con il relativo Calendario.

Ora, ad ogni segnalazione o foto di cinghiali in libera uscita nelle nostre  vie e piazze, con tanto di simpaticissima prole striata,  si impone una domanda: perché non creare una economia locale di prodotti alimentari, come si fa del resto con gli allevamenti di suini, che dia reddito ed occupazione aggiuntivi?

C’è sicuramente da considerare l’autoconsumo da parte dei cacciatori ,che ne hanno buon diritto; c’è tutta la parte di tutela sanitaria, per esempio dalla trichinellosi, estremamente seria e delicata, nonché gli aspetti riproduttivi e commerciali. Ma se per il solo territorio viterbese nello scorso anno ci sono stati “prelievi” di cinghiali per una media di circa 7.000 quintali di carne, non varrebbe la pena che il Consiglio Regionale affrontasse il problema e dopo averne risolti gli aspetti più ostici e delicati, favorisse la creazione di una nuova filiera  alimentare, istituita con legge?

Francesco Chiucchiurlotto