Deposito scorie, Telli (PRC Viterbo): ‘Affrontiamo in maniera matura la questione come si fa in tutta Europa’

Cinquantadue anni fa la sera del 6 febbraio 1971, alle ore 19:09, si verificò un sisma che fece registrare una magnitudo di 5.2 ed un’intensità stimata tra il VIII e il IX grado della scala Mercalli che colpì la cittadina di Tuscania. Ebbe epicentro ad Arlena di Castro, circa 20 km a ovest di Viterbo. Secondo le testimonianze raccolte, – prosegue Luigi Telli Segretario Circolo PRC Viterbo – il terremoto sarebbe stato preceduto da altri eventi sismici di minore intensità. Una forte replica si verificò alle ore 20:20.  Il sisma causò 22 vittime e un centinaio di feriti. Il 13 dicembre 2023 l’improbabile ministro dell’ambiente Pichetto Fratin con una nota comunica: “Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato sul proprio sito istituzionale l’elenco delle aree presenti nella proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee (Cnai), che individua le zone dove realizzare in Italia il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi ed il Parco Tecnologico, al fine di permettere lo stoccaggio in via definitiva dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività”.

Cosa si scopre? Nel Lazio 21 aree sono destinate al Viterbese tra queste la VT-25, VT-28, VT-30-A, VT-30-B, VT-31, VT-32-A, VT-32-B, VT-33, aree situate principalmente nei comuni di Tuscania, Arlena di Castro, Tarquinia, Piansano, Tessennano. Ci domandiamo con quale criterio siano state scelte queste zone e di chi sia la responsabilità. In primo luogo di Sogin, la società del Ministero dell’economia incaricata dello smantellamento nucleare e che in oltre 30 anni pur avendo speso (buttato via?) 4 miliardi di euro non è riuscita a raggiungere più del 30% dei suoi stessi obiettivi, e che ora prevede di mettere in sicurezza definitivamente il nucleare italiano entro il 2036!! I rifiuti nucleari che dovrebbero andare a finire nel deposito sono per buona parte quelli che si producono e si continueranno a produrre quotidianamente, per attività e servizi indispensabili. Sono pericolosi e oggi sono custoditi in circa una ventina di luoghi non adatti, alcuni addirittura a rischio alluvione con conseguenze inimmaginabili per il rischio di contaminazione.

Vogliamo continuare a convivere con queste “bombe ecologiche” o affrontare in maniera matura la questione come si fa in tutta Europa? Per non dire di una classe politica locale che si balocca, senza distinzioni tra destra e finta-sinistra, tra “populisti” e supposti “responsabili”, nel vellicare ogni protesta locale e tutte le forme possibili di “non nel mio cortile”. Vogliamo continuare a convivere con queste “bombe ecologiche” o affrontare in maniera matura la questione come si fa in tutta Europa? La pseudo-politica sembra avere già fatto la sua sciagurata scelta.