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“Non ce la beviamo” chiede un tavolo istituzionale per la potabilità dell’acqua

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Il perdurare delle condizioni di allarme per la salute pubblica delle acque ad uso umano nei comuni della provincia di Viterbo ha spinto il Comitato “Non ce la beviamo” a prendere carta e penna e scrivere alle massime autorità nazionali, regionali ed europee per chiedere risposte urgenti al problema di salute pubblica che incombe sul territorio della Tuscia.

In primo piano, ancora una volta, c’è la contaminazione da arsenico, con la documentata eccedenza statistica delle patologie derivanti da una lunga esposizione a questo contaminante. Ultimamente si è aggiunta la preoccupazione per l’uranio, già riscontrato a Ronciglione, e quindi da monitorare anche negli altri comuni della Tuscia, che insistono su un territorio di origine vulcanica, naturalmente soggetto a una significativa contaminazione ambientale di fondo. Un’ ottima ragione, questa, per scongiurare che proprio il territorio della provincia di Viterbo debba diventare sede del sito nazionale di stoccaggio delle scorie nucleari italiane, dopo aver già dato ospitalità a oltre il 75% degli impianti eolici e fotovoltaici dell’intera regione.

La lettera di “Non ce la beviamo” è stata inviata via PEC in data 18 luglio a più di 20 indirizzi istituzionali, dal Ministero della Salute, a quello dell’Ambiente, dalle corrispondenti commissioni parlamentari e regionali, agli assessorati competenti e alla presidenza della Regione Lazio. Sono stati coinvolti anche i commissari europei alla salute e all’ambiente, l’ISPRA, l’ARPA, l’ARERA, oltre alla ASL locale, all’ATO1 e per suo tramite i sindaci della provincia.

“Considerato che la questione della potabilità dell’acqua nella provincia di Viterbo

costituisce un problema di salute pubblica” – argomenta il Comitato nella sua lettera alle autorità competenti – “stante l’esposizione dei residenti a rischi

sanitari, si chiede di conoscere con urgenza quali siano gli interventi finalizzati alla

risoluzione della problematica; si sollecita, inoltre, l’attuazione di specifici monitoraggi sanitari sulla popolazione e una capillare adeguata informazione alla

cittadinanza sullo stato delle acque.”

Infine “Non ce la beviamo” richiede con urgenza “la costituzione di un tavolo Istituzionale, a livello nazionale e regionale, che preveda anche la partecipazione dei comitati dei cittadini al fine di affrontare la delicata situazione della potabilità dell’acqua nella provincia di Viterbo”.

Nella sua doverosa compostezza istituzionale, questa lettera-appello è però a tutti gli effetti un preoccupato grido d’allarme dei residenti della Tuscia, davanti al quale essi si aspettano un urgente riscontro da parte delle autorità competenti che sono state interpellate. Vi terremo aggiornati.

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