14.8 C
Viterbo
HomeComuni della provinciaTuscaniaRelazione dell’antichissima città di Toscanella di Giovanni Quirino Rusci

Relazione dell’antichissima città di Toscanella di Giovanni Quirino Rusci

Pubblicato:

È del 17 agosto 1745. Il canonico Don Giovanni Quirino Rusci, originario del Granducato di Toscana, la trascrisse nella sala del Consiglio nel Palazzo comunale di Tuscania nel 1764 egli fu il segretario del Capitolo della Cattedrale di Toscanella e scrisse l’inventario dell’Archivio, ponendo tutti i documenti in 10 armadi di legno chiamati scancìe: nella prima pose i documenti relativi ai privilegi della Cattedrale ed alle indulgenze, nella seconda le pergamene e le memoria dell’antica Cattedrale di San Pietro, nella terza le ricevute, le polizze, le locazioni, gli affitti ed i pagamenti, nella quarta la depositeria, nella quinta le puntature, cioè le multe a coloro che non partecipava alle riunioni del Capitolo, nella sesta le donazioni, gli strumenti, i testamenti ed i legati, nella settima i decreti, le visite e gli editti dei vescovi e le posizioni, nell’ottava le lettere, i memoriali e le patenti, nella nona i registri della Cattedrale, nella decima le memorie di alcune chiese e del clero, i libri delle entrate e delle uscite con le ricevute, i libri dei camerlengati, del campo e delle compagnie.

Nel 1772, sempre come canonico, partecipò all’elezione del Vicario capitolare l’arciprete Francesco Antonio Turriozzi. Lo troviamo sempre tra i canonici anche negli anni seguenti 1783 – 1784 – 1785. Nel 1783 il primicerio Francesco Dolci, il primicerio Francesco Antonio Turriozzi e gli altri canonici deliberarono di dedicare un’epigrafe al cardinale Francesco Saverio De Zelada, nato a Roma da una famiglia di origini spagnole, che era il bibliotecario e l’archivista della Santa Chiesa Romana ed aveva sempre aiutato il clero tuscanese; l’epigrafe fu realizzata proprio da Giovanni Quirino.

Nella Relazione della città di Tuscania si leggono questi argomenti: l’origine, la reggia dei Re etruschi e dei due sepolcri con dentro due cadaveri inceneriti, con le corone al capo di ferro dorato, le mura antiche che si estendevano sino a comprendere in sé sette piacevoli colli, come pure allora si vedevano all’intorno le vestigia, le variazioni dei governi: l’impero di Roma, la cittadinanza romana, i Longobardi con il re Desiderio, il re franco Arnolfo, il capitano di ventura Tartaglia di Lavello, di cui vi sono molti stemmi ed iscrizioni, gli Sforzeschi, gli Orsini, i Bisenzio, la giurisdizione del popolo romano e la Santa Sede.

Toscanella fu residenza del Preside della provincia del Patrimonio di San Pietro in Tuscia e nel 1745 il suo Pretore era chiamato Commissario, la città patì 17 saccheggi e sempre fu restaurata e riportata in buono stato. Nel 1400 furono scelti mille cittadini benestanti per sostenere per più mesi, a ragione di una soma di pane (3 quintali) per uno al giorno, per l’esercito pontificio che era tra Ponte San Giovanni e Bettona in quel di Perugia, e per sovvenire Roma di grano, in tempo di penuria, fu inviato un carico in una sola volta di 9.000 rubbia (18.000 quintali di grano).

Tuscania con mille cavalli invase lo stato di Viterbo e fece 40 prigionieri, respinse vigorosamente l’armata dei condottieri Vitellozzo Vitelli di Città di Castello, e di Carlo Orsini che unitamente marciarono per occuparla ed in seguito, sollevatasi contro il popolo romano, fu dal medesimo condannata a pagare l’annua pena o di 1.000 libbre d’argento o di 2.000 rubbia (3.000 quintali) di grano a beneplacito di quel popolo.

Toscanella è annoverata tra le città nobili e qualificate. Incominciando a descriverla dalle sue mura misurano di circuito due miglia, vi sono 27 chiese in tutto, tra le quali la Cattedrale di San Giacomo apostolo maggiore, la Collegiata di Santa Maria Maggiore, le Parrocchiali e quelle dei Regolari dell’uno e dell’altro sesso. Le Confraternite laiche tutte dotate di buone rendite. Tra le chiese maestosa apparisce la chiesa di Santa Maria Maggiore affermata per antica tradizione casa propria di San Lino Papa, di cui, in rito doppio, vi si celebra la nascita ed il martirio, con la facciata di marmo lavorato a rilievo basso ed intero.

Rusci

La chiesa magnifica però è quella di San Pietro, stimata eretta dagli Etruschi ai loro falsi dei, con la facciata pur di figure di marmo a basso ed intero rilievo, che contiene tre corpi di chiese, l’una sopra l’altra, con dentro più di 40 colonne di diverse pietre stimate, tra cui alcune di verde orientale e di colore ferrugineo e col pavimento, nel corpo di mezzo, di lavoro a mosaico sottilissimo di pietre orientali di vari colori. Questa chiesa di San Pietro è stata per più secoli la Cattedrale di Tuscania, sinché per comodità maggiore fu la Cattedrale trasportata nella chiesa di San Giacomo.

Dei due Capitoli di Toscanella quello di San Pietro, poi di San Giacomo, era composto da dieci canonici e tre Dignità, e l’altro di Santa Maria Maggiore di otto canonici ed una Dignità, ambi dotati di buone rendite ed ambi nobili e, tra l’altro, ciò che illustra quello di San Pietro, non è poca prerogativa l’aver avuto per suo Primicerio Alessandro Farnese, che trasferitosi susseguentemente alla corte di Roma, fu in progresso di tempo assunto al Pontificato col nome di Paolo III, come del tutto il Capitolo medesimo ne conserva attestazioni autentiche.

Oltre poi all’accennate chiese sono in Toscanella diverse piazze spaziose strade tutte col pavimento laterizio, ed in particolare la strada detta del Corso, a somiglianza del Corso di Roma per la rettitudine, ove nel Carnevale si fa il passeggio delle maschere ed allora non meno che in altri tempi dell’antico, corrono colà i Barberi col premio di ricchi pali.

Sette sono le fontane a pubblica comodità, tutte molto copiose di acqua, tra le quali più cospicue quella detta della Digrignata con suo acquedotto fatto dalla Comunità per oltre tre miglia, quella detta del Leone e l’altra posta avanti la cattedrale di San Giacomo; moltissime torri ed in specie quella celebre, detta già della Vela, fabbricata dagli antichi per scoprire il mare, e poi detta di Lavello per essere stata restaurata da Angelo Tartaglia da Lavello nell’anno 1415, con i suoi stemmi e le sue iscrizioni.

Molti sono i palazzi riguardevoli privati, come quelli pubblici e, tra questi, v’è l’antico dei Presidi (il Rivellino), il Palazzo della Dogana, residenza dei Doganieri del Patrimonio, il nuovo del Magistrato, (il palazzo comunale). Questo Magistrato era formato da un Capo che si chiamava Gonfaloniere del Popolo, tre Anziani (Assessori) che di bimestre in bimestre si estraevano (con il bussolo), i quali hanno sempre risieduto nell’accennato loro palazzo, vivendo a pubbliche spese, serviti con argenti, ed in tutto con decoro al pari di ogni Magistrato delle Città, se non più insigni almeno di quelle qualificate d’Italia, con trombetti, famigli vestiti a livrea, Segretario, Cancelliere e due Giudici uno civile e l’altro criminale.

Del grado di Gonfaloniere erano le famiglie venute nobili per antichità, ricchezza e qualità degli Antenati, onde, nei pubblici Istrumenti ed in ogn’altra memoria, venivano annotati coll’epiteto NOBILIS VIR o NOBILIS ET SPECTABILIS VIR. Del grado poi di Anziani erano i Cittadini inferiori ma benestanti provvedendo e spiegando ampiamente lo statuto al libro 1 capitolo 35. S’imbussolavano per l’elezioni dei Gonfalonieri, oltre ai Nobili figliuoli di Gonfalonieri, anche gli Anziani, cioè quei Cittadini che possedevano almeno duecento rubbi di terreno (ettari 370), che, con abbondanza di tutto davano un’entrata sufficiente da sostentarsi con civiltà, senza ingerirsi in arte o negoziazione alcuna.

Alcune nobili famiglie furono: Rosci, Mattuzzi, Toscanelli, Capogallo, Giannotti, Cavetani, Elvii, Marcelli, Maccabei, Fani, Mansanti, Pocci, Farnese ed altre.

Questa città aveva sotto la sua giurisdizione e nel proprio Comitato 62 tra Terre e Castelli e tra gli altri Corneto (Tarquinia). Ebbe molti uomini illustri e titolati: Monsignor Paolo De Lodovicis, auditore della Sacra Rota, Monsignor Bernardino Elvio, tesoriere generale al tempo di Paolo III, Monsignor Pietro Mattuzzi abate di Pacciana, Monsignor Girolamo Maccabei vescovo di Castro, Gregorio Silvani medico famosissimo di Alessandro VI che in Tuscania lo alloggiò nella propria casa e la sua famiglia ne godette vari privilegi ottenuti, Monsignor Gentile Capogallo cameriere d’onore di Gregorio XIII, Orazio Toscanella autore di tante opere in Grammatica e Retorica, Bisenzio che nell’anno 1080, esclusi dalla Patria i conti dell’Anguillara, n’assunse egli la direzione, Giovanni e Giacomo Elvii prefetti di Roma nel secolo 1300, Antonio De Rossi detto Ciarpellone tanto rinomato nel secolo 1400 (il nome giusto è Antonio Colella da San Severino di Parma detto il Ciarpellone n. d. r.), Giannotto Del Monte Luogotenente generale di Tartaglia, i tiranni Tartaglia e Bernardino della Serra; più a questa città che alla sua nativa, Corneto, deve attribuirsi tutta la gloria del cardinale Giovanni Vitelleschi.

A Toscanella nulla mancava di ciò che qualificava una città: si mantenevano il Magistrato degli ottimati con sufficiente decoro di ministri e servitori con livrea, trombetti, chirurgo e maestro di scuola, pagati con una buona provvigione, l’Annona pubblica e diverse Compagnie laicali che sovvenivano i poveri di grano, maritavano le zitelle e facevano altre pie opere d’aiuto pubblico. Vi era l’Ospedale per i pellegrini, per gli infermi e per gli esposti, il Monte di Pietà, che continuamente amministrava danaro e riceveva pegni, le Arti e tutte le negoziazioni che occorrevano al mantenimento di una città ed in questo luogo si professava l’agricoltura ed il negozio dei bestiami, in riguardo alla fertilità ed ampiezza del territorio; vi si faceva una gran Fiera nel mese di maggio ove concorrevano tutti i popoli convicini.

I nobili ed i cittadini si trattavano con decoro, da dieci o dodici anni vi si numerarono più carrozze e mute ed i nobili medesimi sempre si apparentavano colle nobiltà delle città vicine ed in specie con quelle di Roma, di Firenze e di Viterbo, dando e ricevendo doti considerevoli. Due Compagnie vi erano di milizia, una a piedi e l’altra a cavallo, comandate dai capitani ivi residenti e molti Dottori vi erano di legge ed ogni altra facoltà, essendo soliti quei cittadini mandare i loro figli a studiare nelle principali Accademie d’Italia.

Ed infine aggiunse che, essendo Toscanella città tanto vicina a Roma, si poteva oculatamente vedere e riconoscere la verità di quanto si era di essa affermato in questa breve e succinta Relazione, ove si evitò la lunghezza, per non recar il tedio ai lettori.

Giovanni Quirino termina scrivendo che, qualora fosse stato richiesto, non avrebbe tralasciato di provare, con autentiche attestazioni, tutto quello che aveva scritto con ingenuità e candidezza d’animo, senza alcuna parzialità e passione.

Mauro Loreti

Articoli correlati

Articoli recenti