Alla scoperta della Viterbo colombiana di 12mila abitanti

Uno dei film che più ha emozionato i giovani degli anni Quaranta fu quello di Flavio Calzavara (1943) tratto da un racconto del  libro “Cuore” di Edmondo de Amicis, dal titolo “Dagli Appennini alle Ande”. Si parla di Marco un ragazzo di Genova che va alla ricerca della madre emigrata nel sud America, fino a raggiungerla in un paese delle Ande. Il racconto, malgrado sia abbastanza datato, è di una sorprendente attualità e la sua ambientazione ci fa conoscere una seconda Viterbo (12 mila abitanti), addirittura in zona tropicale.

E’ in Colombia a sud ovest di Bogotà, su una collina di circa mille metri di altitudine appartenente alla cordigliera occidentale della Ande nella valle del fiume Risaralda, tra i grandi centri di Pereira, Cali e Medellin, nel dipartimento Caldas con capoluogo Manizales.  E’ conosciuta come “il paradiso di Caldas” per i suoi paesaggi agricoli, le ampie strade e i centri ricreativi. Quella regione venne conquistata nel Cinquecento dagli spagnoli di Sebastian de Belalcázar e Jorge Robledo.

Le prime case-capanne di un futuro villaggio, furono costruite intorno al 1911 per iniziativa di un sacerdote del posto, tale Nazario Restrepo Moreno, con il sostegno economico e spirituale del delegato apostolico Francesco Ragonesi, originario di Viterbo.  Per gratitudine e in suo onore prese il nome della nostra città e divenne  ufficialmente municipio il 31 dicembre 1951. Ricordiamo che il card. Ragonesi (1850-1931), nativo di Bagnaia, fu delegato apostolico in Colombia per alcuni anni dal 1904. A Viterbo lo conoscono soprattutto per aver contribuito alla costruzione del Collegio che porta il suo nome in viale IV Novembre.

Viterbo Colombiana2

I colori nella bandiera della Viterbo colombiana sono ovviamente giallo-blu con la variante che al posto del leone c’è una stella bianca. I suoi abitanti si chiamano Viterbenses o Viterbeños e sono molto longevi, grazie anche al clima mitigato che d’estate e d’inverno oscilla costantemente tra i 20 e i 22 gradi.  Tra noi Viterbesi laziali e i Viterbeños ci sono 7 ore di fuso orario. Ma anche una differente stagionatura storica: loro si e no un centinaio di anni, noi si e no oltre un millennio.

Il clima equatoriale e i venti del Pacifico favoriscono la produzione di un’ottima qualità di caffè (il mild coffee molto diffuso negli Stati Uniti) e di banane che affluiscono ai porti caraibici di Santa Maria per poi dirottare ovunque. Tra le altre coltivazioni sono diffusi il riso, il mais, gli agrumi, la canna da zucchero e la marijuana. Notevoli  l’allevamento di ovini e, nelle miniere dei  dintorni, l’estrazione di smeraldi. Nel  sottosuolo covano carbone e petrolio. Gli ampi viali sono ombreggiati dai Guaycan, alberi dalla folta chioma gialla che fioriscono due volte l’anno. Qualche problema per le comunicazioni stradali che non sono il pezzo forte di quella Viterbo tropicale. Quella  laziale non è da meno.

La Viterbo colombiana dispone di banche, hotel, scuole, un ospedale e un teatro. Nel 1984 l’allora Governatore di Viterbo dei Lyons Club Socrate Sensi, ben noto per le sue attività imprenditoriali, ebbe una corrispondenza con il club omologo della Viterbo andina che avrebbe potuto sortire un gemellaggio, mai però ufficializzato. Non è escluso che i rapporti possano essere ripresi, grazie anche all’attuale presidenza del Lyons viterbese piuttosto vivace e intraprendente. A fronte di una balla di mild coffee delle Ande noi potremmo rispondere con una di nocciole dei Cimini. Come testimonial d’onore proponiamo il colombiano della Juve Juan Cuadrado.