FIGLI DI UN DIO MAGGIORE

Ho voluto dare un titolo iperbolico ad un pezzo che riguardasse Nando (Rodolfo) Gigli recentemente scomparso e giustamente celebrato come “l’ultimo dei politici viterbesi”.

Naturalmente non appartenendo alla sua “fede politica” ed alla sua generazione, lui espressione e quintessenza democristiana ed io quadro intermedio PCI di paese, non ho frequentazioni da ricordare, o aneddoti e peculiarità significative, ma semplicemente lo spunto per alcune considerazioni su quel che fosse la politica di allora e come servisse alle dinamiche ed allo sviluppo del territorio.

Naturalmente lo faccio con il paragone impietoso con l’oggi, che continua a deludere e svilire la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica, come indica la Costituzione, perconcorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

La differenza tra DC e PCI era netta sin dall’approccio a quell’impostazione dell’art.49: si faceva politica tenendo presente da democristiani il proprio interesse e potere personale, da comunisti, l’interesse e potere collettivo, entrambi nel perseguire un bene comune.

Nel primo campo si esaltavano le qualità individuali e gestionali del potere che un Capo carismatico imponeva nel suo partito, nel secondo se ne aveva pudore e rigetto se esse non erano filtrate e legittimate dal “Partito”, cioè dal collettivo universalistico, unico soggetto ideologicamente preposto a scrivere la storia delle masse.

Queste erano, almeno secondo me, le dinamiche essenziali della Prima Repubblica.

Ho un ricordo indelebile della prima volta che incontrai Nando Gigli alla fine degli anni ’80: come Presidente della Pro Loco Castiglione, fresco del successo della Festa del Vino dei Colli del Tevere che avevo iniziato nel 1987, pensai di rivolgermi a lui come Assessore Regionale del Lazio, credo fosse alla Sanità, per ottenere un contributo.

Presi un appuntamento e mi recai nel suo ufficio a metà di Corso Italia a Viterbo: salii una rampa di scale e mi trovai in una anticamera esattamente come se fossi da un dentista.

C’erano file di sedie alle pareti occupate da persone composte e silenziose in attesa di un turno di accesso ad un’altra stanza, quella di Gigli.

Venne il mio turno e gli parlai della Festa del Vino, con la bozza del programma che avevamo stilato; fu cordiale ma molto essenziale sia nei complimenti per la festa che per l’impegno che avrebbe preso: se non mi sbaglio alla domanda che facemmo alla Regione corrisposero 5 milioni di contributo.

Allora, cos’era quel modus operandi? Clientelismo, ascolto del territorio, attaccamento alla base civica non solo DC, valorizzazione delle buone idee che si muovevano in Provincia, esercizio puro di un potere discrezionale e carismatico?

Non so dare una risposta precisa ed in fondo non mi interessa molto; so che era un potere di vicinato, di prossimità, accessibile anche ad avversari politici e per questo da rispettare ed anche rimpiangere se paragonato alla sguaiatezza, protervia, improvvisazione di oggi.

Un’ultima notazione riguarda come il collegamento allora tra Regione e Comuni fosse intenso e costruttivo e come superasse gli schieramenti politici per cogliere al meglio le necessità dei territori: mi riferisco alla legge regionale detta “Gigli – Massolo”, la L.R. 07 Giugno 1990, n. 71. Interventi urgenti nella provincia di Viterbo per lo sviluppo e l’occupazione dell’Alto Lazio. 

Una legge eccezionale, con 30 miliardi di lire di dotazione, che prevedeva la catalogazione dei beni culturali del Viterbese, la tutela e valorizzazione della Valle dei Calanchi di Civita di Bagnoregio, della sua Cantina Didattica e degli interventi idrogeologici nella Maremma; insomma un ottimo esempio normativo nato dalla collaborazione di due esponenti politici assolutamente diversi, quali Nando Gigli e Oreste Massolo, a diretto contatto con i Sindaci della Teverina e della costa.

La legge “Gigli – Massolo” fu solo in parte attuata ed è in attesa che altri politici, Figli di un Dio Maggiore, la riprendano e la attuino per il progresso di questa nostra terra di Tuscia.

Nando Gigli, credo, ne sarebbe contento!

Francesco Chiucchiurlotto