SIAMO IN APNEA

Elezioni

Il dato di queste elezioni ci consegna un allarme inequivocabile, spietato e netto come solo i numeri sanno fare: soltanto il 49,64% degli aventi diritto al voto vi hanno partecipato.

Eppure si trattava di elezioni di prossimità; di elezioni per il livello di vita e di crescita delle città, borghi e paesi in cui, come ci sottolinea appassionatamente Luigi Sturzo, ciascuna persona stabilisce la sede dei suoi affetti familiari, professionali, sociali e politici; che c’è di più interessante per un cittadino?

Che vuol dire se non che la crisi democratica italiana che riguarda la partecipazione e la rappresentanza prosegue nel piano inclinato della sfiducia, del disinteresse e dell’abbandono?

Il centrodestra vince quasi ovunque e sicuramente l’effetto Meloni supera eccome l’effetto Schlein, semplicemente perché la soluzione dei problemi della sinistra non dipende da un nome o da un volto, bensì dal recupero di una base culturale e programmatica che divenga politica attiva, militante, diffusa ed efficace, innanzitutto nel corpaccione periferico del PD.

Che vuol dire se non che a destra la propensione al voto, motivata dalla voglia di riscatto da anni di oblio, e da una leader ancora in luna di miele con gli Italiani,  basta ed avanza ad assicurare la vittoria al di là della bontà dei programmi e dei candidati?

Teniamo d’occhio i numeri: alle elezioni del 25 settembre u.s. FdI prende 7 milioni e 301 mila voti pari al 25.98% alla Camera su 46.021.956 di elettori; e 7.168.875 voti pari al 26% al  Senato; l’astensione al 37% segna un + 9% sul 2018, cioè 16,5 milioni di elettori astenuti con 4 milioni in più di astenuti sul 2018.

Siamo oggi al 49,6% ed è indubbio che l’elettorato di sinistra e centrosinistra con le variabili gruppuscolari comprese, ne rappresenta la consistenza, spianando la vittoria al C.D.

Ciò pone in evidenza una questione dirimente che riguarda la destra a guida Giorgia Meloni che si accinge a riforme costituzionali sulla base di un assunto, sbagliato, come quello del consenso dell’elettorato e quindi della Nazione, e del programma elettorale vincente che le comprendeva.

Allora, se il 26% dei consensi va calcolato non sul 100% ma sul 63,81% dei votanti ed è pari al 16.59%, cioè molto meno rappresentativo di quel che appaia, così come i dati dell’intera coalizione che stanno molto al di sotto della maggioranza degli aventi diritto al voto e dei votanti, come si legittima una spinta riformista sulle regole del gioco costituzionale per il presidenzialismo e l’autonomia differenziata, se non come una forzatura autoritaria?

Infatti non si giustifica come rappresentanza diretta della volontà degli Italiani, né giustifica la prosopopea indotta dalla Premier : ”Ce l’hanno detto gli Italiani (quanti?) , le riforme le faremo comunque”.

Mentre continua l’occupazione militare della RAI e degli enti portanti della nostra economia da parte dei vincitori, nessuno si pone il serio problema di come recuperare un’attenzione ed un interesse per la Res Publica da parte dei cittadini, perché dopo Grillo, Salvini, Renzi, l’opzione Meloni, nuova, accattivante, decisionistica, rischia di durare oltre possibili meriti e ragionevoli motivi, ed in apnea democratica.

Francesco Chiucchiurlotto