Usb Viterbo commemora gli Omicidi della Thyssenkrupp

Nella notte tra il 5 e il 6 Dicembre 2007, sette lavoratori furono uccisi nel rogo scoppiato all’acciaieria ThyssenKrupp di Torino. In quel periodo l’azienda aveva annunciato la delocalizzazione, non era più conveniente produrre in Italia, a Giugno gli alti forni dovevano essere spenti con il rischio di non riaccenderli mai più.

Eppure quella il lavoro c’era e le commesse erano sempre le stesse, nonostante gli operai lavorassero sottorganico, a dicembre erano 200 quelli in forze rispetto al doppio del mese precedente. Turni notturni massacranti e nessuna sicurezza, il profitto continua ad esserci ma tanto si chiude, perché proteggere la vita dei lavoratori.

La Thyssenkrupp chiude quella notte, sei mesi prima del previsto, UCCIDENDO 7 lavoratori, travolti dall’incendio che inghiottì l’intero capannone della linea 5.

La linea in cui vale più l’acciaio di Rocco, Antonio, Roberto, Angelo, Bruno, Rosario, Giuseppe. Gli estintori non funzionavano, non si poteva interrompere la produzione anche in caso di piccoli incendi, perché la linea 5 è quella dell’acciaio in lavorazione e l’acciaio non può rovinarsi.

Otto persone presenti, in sette vengono travolte da una colata infuocata di olio e fumi, i più fortunati muoiono in poche ore, gli altri dopo giorni di agonia.

Un solo superstite, Antonio Boccuzzi, proprio il suo racconto permetterà l’apertura del processo

“Se gli estintori avessero funzionato non sarebbe successo nulla”.

La proprietà nega qualsiasi responsabilità, prova a dare la colpa agli operai, ad un loro errore, poi si rifugia nella fatalità imprevedibile, nonostante l’evidenza dei fatti.

L’Ad di Thyssen denuncia Antonio Boccuzzi, che mai potrà dimenticare quell’inferno e le ultime parole del suo collega che continuava a gridare “Non voglio morire”.

Sono serviti 14 anni per arrivare a delle vere condanne, responsabili per la sicurezza, funzionari e dirigenti aziendali vengono condannati a pene dai nove ai tre anni.

Pene misere e irrisorie rispetto a sette vite, ma almeno pongono un punto fermo su colpe e responsabilità.

I dirigenti tedeschi dell’azienda, però, non hanno ancora scontato un solo giorno di carcere, essendo residenti in Germania, protetti dalle leggi sull’estradizione, dalla burocrazia e da un sistema che protegge e garantisce il profitto di pochi a scapito della salute e della vita stessa degli operai.

Per questo oggi, così come molte altre volte, siamo in strada, portiamo fra le persone le battaglie che conduciamo ogni giorno nei luoghi di lavoro e tutta la nostra rabbia perché senza controlli e condanne certe continueremo a morire.

Se le istituzioni e la legge non ci proteggono e non ci garantiscono nemmeno la certezza di tornare VIVI da una giornata di lavoro, noi questi diritti dobbiamo riprenderceli da soli, organizzandoci uniti sui posti di lavoro.

L’Usb Viterbo ha unito le varie azioni sul tema in un progetto di lotta unitario su salute e sicurezza. Il sindacato, al fianco dei lavoratori, pretende:

l’abbassamento dell’orario di lavoro a parità di salario

l’introduzione del salario minimo per legge

la libera elezione, da parte dei lavoratori, del proprio Rappresentante per la Sicurezza

lo stanziamento di più risorse per gli organi ispettivi e per la salute e sicurezza in genere

l’introduzione del reato di OMICIDIO sul lavoro.

Solo svincolando il lavoro da sfruttamento e precarietà potrà tornare ad essere Sicuro.

Non siamo più disposti a lavorare per morire, bloccheremo le lavorazioni se non saranno rispettate tutte le norme che tutelano la dignità e la vita dei lavoratori.