IL NOSTRO VIETNAM

Guerra Vietnam

Gli anni settanta per i giovani di tutto il mondo hanno rappresentato una piccola rivoluzione culturale, sessuale, politica e morale, punteggiata da eventi che ne costituivano e rappresentavano la summa iconica di immediata comprensione ed adesione.

La musica, che ancor oggi regge l’ascolto con tanti “nonni” del ROCK  in servizio; i movimenti di tanti generi in particolare quelli femministi; la politica che riscopriva l’impegno, la partecipazione; la guerra che ne articolava i contenuti e le ragioni locali ed internazionali.

Tra tutte dominava la guerra del Vietnam; era talmente evidente la sproporzione tra l’aggressore e l’aggredito, la brutalità inaccettabile dei bombardamenti cui era sottoposta la popolazione civile vietnamita, l’eroismo di un popolo in larga parte contadino, che si formarono in modo spontaneo e diffuso, opinioni, coscienze, militanze.

Gli aggressori americani erano nostri alleati nella guerra fredda che ci opponeva all’est di Russia e Cina che sostenevano ed armavano i Viet Kong, ed i governi pentapartito con gli apparati mediatici che controllavano, erano in forte imbarazzo nel trattare l’argomento.

Le manifestazione contro la guerra degli USA erano diffuse e partecipate, e non c’era gruppo o formazione studentesca ed operaia che non assumesse come bandiera di lotta il Vietnam.

Mi permetto, con tutta la prudenza del caso, conscio delle enormi differenze ed implicazioni, di tracciare un parallelo possibile per analogie e similitudini, con l’attuale “operazione speciale” russa in Ucraina, il nostro Vietnam di oggi.

Su di un punto in particolare: il condizionamento dell’opinione pubblica sul rifiuto a sostenere gli aggrediti con le armi, che sta assumendo forma e sostanza inaccettabili.

La televisione e di converso la stampa che ne riflette i contenuti, si sta sempre di più orientando in tal senso: Bianca Berlinguer, Marco Travaglio, Alessandro Orsini, Alessandro Di Battista, Donatella Di Cesare, Michele Santoro, esercitano una pressione mediatica che va oltre il sano e doveroso confronto dialettico.

Sia perché spessissimo intervengono senza contraddittorio, sia perché godono della benevolenza dei conduttori ai fini di un’audience sensibile alla contrapposizione guerra-pace piuttosto che aggressori-aggrediti.

Ho assistito sconcertato ad una lezione pseudo storica di circa 20 minuti, che l’indisturbato Travaglio ci ha fornito, piena zeppa di sofismi dialettici, imprecisioni, sottovalutazioni; poi l’Orfini che allo scoppio della guerra preconizzava il rapido “sventramento” dell’Ucraina a 2000 euro a puntata ed oggi dà ragione a Berlusconi per le sue deliranti affermazioni pro Putin; Santoro che pontifica con toni profetici alla ricerca di un ruolo irrimediabilmente perduto; per non dire degli altri.

Cosa sta succedendo e per quali interessi, se la nostra televisione, la più filorussa dell’occidente, è da sempre lo specchio, spesso distorto ed artefatto, del nostro Paese?

È vero o no che se la Russia si ferma otteniamo la pace, e che se si ferma l’Ucraina avremo morte e distruzione di un popolo e guerra futura per gli altri stati che componevano l’URSS?

Come possiamo sostenere l’Ucraina aggredita se non con le armi, tra l’altro soltanto difensive? Solo così, dimostrando che i Russi non vinceranno questa guerra, si potranno realizzare le condizioni per un cessate il fuoco ed una trattativa.

Oppure c’è qualcuno che crede in quanto affermato da Sergey Lavrov al recente G20, che la guerra l’hanno iniziata gli Ucraini, subito sepolto dalle fragorose risate dell’uditorio internazionale?

Bei tempi i SETTANTA ! Che fine hanno fatto? e che fine faremo noi così malmessi?

Francesco Chiucchiurlotto