PER UNA DI PIU’

Giulia Cecchettin, con la sua storia terribile di vittima di femminicidio, credo stia rappresentando un momento di svolta, e di accelerazione di un processo di liberazione ed autocoscienza culturale e politico delle donne, cominciato nel secondo dopoguerra, poi sviluppatosi negli anni settanta, progredito in questi ultimi anni quasi soltanto nel terrore e nel disgusto della violenza maschile sulle donne.

Questo movimento di liberazione che ha riguardato quasi esclusivamente l’Occidente, quando lambisce altre culture e religioni provoca terremoti sociali e politici, repressi da una violenza istituzionale che si aggiunge a quella consueta, familiare e patriarcale. (Afghanistan, Iran, Pakistan, Paesi arabi e musulmani in generale).

Esso rappresenta il fattore rivoluzionario più genuino ed efficace del cambiamento della società e della cultura di questa nostra parte di mondo, e dovremmo esserne grati.

Chi ha una certa età ed a fatto esperienza dei movimenti giovanili post ’68, ricorda certamente lo slogan “ IL PERSONALE E’ POLITICO”, con il compendio teorico e metodologico della valorizzazione delle differenze di genere, dello svelamento del maschilismo come substrato delle leadership “rivoluzionarie” delle formazioni extraparlamentari.

Lotta Continua, una delle maggiori di esse, ne fu travolta sino allo scioglimento, perché la contraddizione lavoro-capitale si riproduceva al suo interno para para in quella di femmina-maschio, in termini di discriminazione, sfruttamento, violenza di rapporti

Oggi infuria il dibattito, gli approfondimenti, le analisi; editorialisti, sociologi, psicologi, intellettuali in generale, intervengono in modo più o meno appropriato: per esempio il patriarcato c’entra poco; è proprio dalla sua scomparsa, connessa a quella della civiltà contadina, che si è indotta la fragilità dell’identità maschile, che la donna completa e sorregge in modo complementare, ma talvolta essenziale, esclusivo e anche patologico.

Tutto ciò nel bel mezzo di una rivoluzione globale in cui la tecnica controlla l’economia e questa la politica, creando nuove attitudini e comportamenti sociali fuori controllo, almeno per ora, della famiglia, della scuola, delle istituzioni di riferimento.

Il fenomeno in Italia, non lo si direbbe, ha una consistenza minore in termini percentuali di ogni altro Paese: su ogni 100.000 abitanti il tasso di femminicidi è 2,5 in Africa; 1,4 nelle Americhe; 1,4 in Oceania; 1,2 in Asia; 0,6 in Europa ed in Italia lo 0,38, secondo soltanto al Lussemburgo. (Fonte ONU, UNODC – Ufficio Controllo Droga e Prevenzione Crimine).

Ciò nonostante, la sensibilità di reazione e la mobilitazione suscitata dal fenomeno non possono che deporre in favore di giudizi positivi circa i valori che ancora sottengono la nostra società e la nostra cultura relazionale.

Se nascerà un forte movimento di massa su questi temi, esso dovrà portare a compimento un nuovo processo di antropologizzazione sociale in cui ANTROPOS stia non per UOMO ma per UMANO, cambiando finalmente la scuola che si occupa degli adolescenti e ponendo una questione politica e sindacale sulla parità di genere. Evaporato il padre, liberata la madre, resi consapevoli della loro realtà i figli, ci sia ogni giorno una occasione di più per nuovi rapporti umani.

Francesco Chiucchiurlotto