VENTOTENE

Zelenskyy

Circa 300 assenze il 22 marzo in Parlamento ad ascoltare il Presidente ucraino Zelenskyy nel suo intervento sulla guerra che sconvolge il suo paese aggredito; sarà facile, per chi lo vorrà, ricavare i nomi degli assenti per farsi un’idea di che persone e di che appartenenze.

Ma è abbastanza intuitivo e confermato dalle cronache giornalistiche, che si tratti di leghisti e 5stelle nella stragrande maggioranza dei casi, o meglio dei salvinisti e grillisti della prima ora, refrattari alla normalizzazione intervenuta negli ultimi anni in quelle formazioni.

Altrettanto facile è riconoscere in essi i resti di un fenomeno sociopolitico che è andato noto in Italia ed altrove, sotto il nome di populismo, che si sta riducendo drasticamente, ma che conserva il potenziale culturale che lo ha contraddistinto e che lo ha reso forte e diffuso.

Lo abbiamo osservato più volte, e più volte descritto: alligna in ceti emarginati non solo economicamente ma anche intellettualmente, che preferiscono i giudizi apodittici, le semplificazioni, gli schematismi, l’uomo forte, di fronte alla complessità dei fatti.

Che hanno bisogno di valori identitari aggrediti o negati senza saper esercitare alcuno spirito critico, né di confronto o verifica; che soprattutto hanno necessità di una propria affermazione personale, esercitando il ruolo di guida, di interpretazione, di giudizio, in quel mondo stralunato e solipsistico rappresentato dai social media.

E’ in questo mondo avatar, che per molti, tanti, forse la maggioranza, assume una valenza fondamentale, o per paura o  per affermare la propria personalità, e come si diceva una volta “per realizzarsi”, che imperversa la manipolazione delle opinioni (fakes news, bugie, balle, disinformatya, che dir si voglia), che partendo dal livello informativo si sviluppa in percezioni emotive che alla lunga divengono opinioni, ed anche certezze fideistiche.

Ne abbiamo avuto prove numerose ed inconfutabili con la Brexit e soprattutto con la pandemia, in cui una vulgata pseudoscientifica che partiva dalle scie chimiche ai chip sottocutanei, arrivava ai brodini omeopatici e quant’altro, magari sino al decesso, pur di evitare e contestare la vaccinazione.

Così le centrali di disinformazione che hanno funzionato durante la pandemia hanno ripreso vigore con la guerra in Ucraina, con interpretazioni storiche, testimonianze, ricostruzioni di fatti del tutto false: accordi NATO inesistenti, come genocidi inventati, neonazismi egemoni.

Per giustificare cosa, se non un’aggressione palese e sanguinaria di un despota?

Nel 1941 a Ventotene tre Italiani al confino fascista, Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi concepirono un manifesto per “Un’Europa libera ed unita”, ponendo le base teoriche che si diffusero nel continente sino alla formazione dell’UE.

Al primo posto dei principi basilari di una costituenda Federazione Europea si pose la costituzione di un “esercito unico federale”; poi l’unità monetaria, l’abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all’emigrazione, la rappresentanza diretta dei cittadini, la politica estera unica.

L’intuizione sull’esercito comune viene oggi confermata in modo chiarissimo e drammatico, perché l’Europa è quasi indifesa in un mondo in cui gli interessi di USA, Russia, Cina divergono dai nostri e l’EURO è il primo contrasto con quegli interessi; così come è evidente il fatto che gli Ucraini stanno combattendo anche per noi.

Francesco Chicchiurlotto