BANCHE, CI RISIAMO?

crisi bilico

Crisi finanziarie e globalizzazione hanno indotto milioni di persone legate a quello che viene chiamato establishment o più semplicemente i membri delle classi dirigenti di varia collocazione politica, che lo schema destra/sinistra fosse obsoleto e non più utilizzabile, e che la contraddizione principale di marxiana memoria, capitale/lavoro, fosse travolta dall’irrompere di una terza componente, quella finanziaria.

 La storia recente, con tutti i limiti che reca con se quel “recente”, ci mostra una prima ondata dirigista, centralizzatrice ed antistatalista chiamata neoliberismo, Tatcher e Reagan per intenderci, seguita da una seconda fase simile alla prima ma di impronta statalista, Blair e Clinton.

 Anthony Gidden, il guru di Blair, la chiamò “terza via”, che sostanzialmente si caratterizzava in una apertura al mercato come regolatore del welfare e dei rapporti socioeconomici, in modo meno sfrenato ed ideologico di prima, ma pur sempre con la politica subordinata all’economia e quest’ultima ai potentati finanziari.

 La crisi di un decennio fa fece crollare ogni illusione, ma da essa siamo usciti esattamente come siamo entrati e come siamo restati dopo; cioè non abbiamo ancora una nuova teorizzazione politica ed economica che interpreti la globalizzazione, o quel che resta dopo l’aggressione russa, e che ne prevenga gli eccessi; manca un nuovo governo glòobale.

Stiamo cioè ancora percorrendo terze vie che alleggeriscono i controlli ed i vincoli agli investimenti speculativi?

Intanto le diseguaglianze crescono nei rapporti tra cittadini, tra Regioni e tra Stati; masse migratorie si muovono cambiando il destino delle nazioni; l’Occidente arranca in calo demografico, mancanza di leadership, populismi diffusi di governo e di opposizione.

 La lezione del 2008, se mai c’è stata, sembra non essere stata appresa, e la nuova Lheman Brothers è toccata ad un fiore all’occhiello della finanza innovativa internazionale, quella della Silicon Valley Bank, alla quale negli Stati Uniti si affidavano la metà delle start up con capitali a rischio.

Tutto ciò ha seminato il panico e a sorpresa si sono registrati riflessi oltre oceano, addirittura nella compassata ed ermetica Svizzera con il Credit Swiss, salvato in extremis da UBS.

Cos’è che rende così insicura la finanza internazionale se non una smodata volontà di profitto tanto che sino a che le cose vanno, tutti stanno a premere sull’acceleratore?

Allora era la festa dei subprime che impazzava in ogni dove aprendo scenari di abbondanza facile e sicura per tutti; oggi il lungo periodo di tassi vicini  allo zero che hanno suscitato una repentina inflazione e costretto le banche centrali alla retromarcia ed ai contraccolpi finanziari.

Bill Clinton nel 1999 abrogando la parte del Glass-Steagall Act che separava l’attività bancaria tradizionale e quella di intermediazione finanziaria;   ha fatto di ogni banca una merchant bank; Ronald Trump di recente alleggerendo limiti e controlli, ha completato.

Al solito qualcuno oggi avrà conseguito profitti immensi, e forse stavolta ce la caveremo con pochi danni collettivi: ma a quando una “cuoca” al governo della finanza internazionale?

Francesco Chiucchiurlotto