CHI TOCCA I FILI …

Ricordo che qualche decennio fa accanto ad impianti di trasmissione elettrica, pali, centraline, cavidotti ecc., era apposto un macabro segnale con tanto di teschio e tibie incrociate, con la scritta: CHI TOCCA I FILI MUORE.

In effetti la prima elettrificazione di abitazioni, edifici, vie e piazze, registrò numerosi incidenti, anche mortali, sia per l’inesperienza a trattare l’importante innovazione, sia per i limiti dei sistemi di sicurezza della stessa.

Questo ricordo si lega facilmente ad un altro impianto, stavolta giuridico legale, addirittura fondativo, che è quello della nostra Costituzione, che ebbe al Titolo V una importante modifica nel 2001, i cui risultati presto si rivelarono molto al disotto delle aspettative, ma soprattutto ai referendum confermativi delle riforme presentate prima da Silvio Berlusconi e poi da Matteo Renzi, che clamorosamente furono bocciate.

Il 25 giugno 2006 toccò alla riforma sulla devoluzione ispirata soprattutto dalla Lega Nord, il 4 dicembre di dieci anni dopo, alla riforma Renzi – Boschi, un vero pasticcio tra l’altro scritta malissimo, che comportò le dimissioni del Presidente del Consiglio.

Con questi precedenti non si capisce facilmente il perché la Premier Giorgia Meloni, ancora, almeno stando ai sondaggi, in luna di miele con la Nazione, abbia dato una forte accelerazione proprio a quella riforma costituzionale che interessa la forma di governo, cosiddetta di premierato.

Cosa comporta in concreto l’elezione diretta del Presidente del Consiglio?

Poiché questa forma di investitura è stata sperimentata soltanto in Israele, e lì ha condotto a tre elezioni anticipate negli ultimi cinque anni, e fatta eccezione per il Padre della Patria Ben Gurion in carica dal 1948 al 1963, sono state le varie fasi politiche della società israeliana e del suo Stato ad avvicendare i Premier, con cadenze quasi simili alle nostre.

Ciò contraddice l’assunto che l’espressione diretta della volontà popolare abbia poteri taumaturgici sulla stabilità di un governo; del resto se nell’ultima consultazione nel collegio senatorio di Monza ha votato il19% del corpo elettorale, si comprende facilmente la fragilità dell’argomento.

La Meloni ha poi gradualmente arretrato sulle ipotesi iniziali di premierato, rendendosi conto dell’impopolarità di ogni diminutio arrecata al Presidente Mattarella; della semplicistica idea del presunto rafforzamento del potere esecutivo e della supposizione astratta di un compattamento automatico di ogni coalizione di governo tra partiti diversi.

In Europa il problema della stabilità è stato risolto in modo efficace e meno invasivo: in Inghilterra il premier è il leader del partito che vince le elezioni; in Germania il Presidente del Consiglio nomina e revoca i Ministri e gode di sfiducia costruttiva, cioè può essere rimosso soltanto da una nuova maggioranza con un nuovo premier.

Ma di fatto il governo Meloni, ma anche quelli che lo precedettero, ha assorbito il potere legislativo del Parlamento con l’uso frequentissimo dei decreti legge d’urgenza (!) ed i voti di fiducia rispetto a coalizioni riottose;poi domina la scena mediatica in modo esclusivo; ha una forte capacità, non contrastata, di manovra internazionale…

Allora perché andare a cercare i guai che un referendum fallito comporterebbe ?

Forse c’è in Fratelli d’Italia un condizionamento identitario che va al di là della convenienza politica; l’ansia di FdI di potere occupabile da occupare, si avverte non solo nello Stato e nei Ministeri, ma nelle Regioni, nelle Province, nei Comuni, nei CdA.

Sembra di riconoscere l’instintiva ricerca di somigliare alla costruzione statuale del Ventennio, per carità! nella democrazia oggi data, fatta solo da figure apicali: dal Duce, ai Gerarchi, ai Podestà, ai Federali sino all’ultimo Capo Manipolo della Milizia.

Ma il tempo non passa mai invano, e di solito è galantuomo!

Francesco Chiucchiurlotto