E… I SINDACI?

Il 25 giugno1948, di ritorno dall’esilio, Luigi Sturzo scrisse su IL POPOLO, alla veneranda età di 77 anni, queste riflessioni: “Se oggi potessi a mio grado scegliere un posto di lavoro, tornerei a fare il Consigliere Comunale, e occorrendo, anche il Sindaco di Caltagirone. Uno dei motivi sarebbe quello di tornare ad essere il più vicino alla realtà vissuta, alla concretezza dei fatti, al contatto immediato con la popolazione minuta, con l’individuo uomo”.

“Il Comune – proseguiva Sturzo – è un ente concreto, più che non lo sia una Provincia, una Regione, lo Stato. Fra il popolo che vive e l’autorità che l’amministra, non ci è alcun diaframma”.

Parole queste appassionate e rivelatrici di un Padre della Patria che da politico e da Sacerdote ha attraversato la prima metà del XX secolo, contribuendo ad un pensiero liberale e democratico, ispirato tra gli altri al ruolo fondamentale dei Comuni, che si concretizzò nel Partito Popolare, che fondò nel 1919. 

Ma oggi sarebbe ancora così la sua percezione del Comune e del ruolo dei Sindaci?

Sarebbe ancora così la loro capacità di comprendere ed interpretare la realtà vissuta dai cittadini amministrati, i loro bisogni, la loro voglia di partecipazione al governo della cosa pubblica, che egli allora cercava di garantire e guidare?

Credo di no!

Dalla riforma della legge n° 81 del 1993, per l’elezione diretta dei Sindaci e qualche anno dopo dei Presidenti di Regione, l’ordinamento ha subito una torsione verticistica che ha allontanato la dimensione politica della partecipazione al governo di prossimità,   semplicemente per cercare di ridare credibilità ed immagine, con quella personale del Sindaco, ai partiti ed alla politica devastata dall’inchiesta “Mani pulite – Tangentopoli”.

Si è interrotto infatti subito quel flusso funzionale e partecipativo tra cittadini e vertici amministrativi rappresentato dai Consigli Comunali e dalle loro attribuzioni, la prima delle quali l’elezione della Giunta Municipale; sono scomparse tutte le occasioni di espressione dei partiti organizzati, che nelle loro sezioni locali discutevano degli interventi comunali, e decidevano delle posizioni che si sarebbero espresse nelle allora affollate sedute di Consiglio; si è disperso quel legame tra la volontà popolare e chi la rappresentava, sia al governo che all’opposizione, che si formava attraverso l’informazione ed il confronto.

Si è alla fine inaridito il tessuto connettivo della democrazia di base, contribuendo così alla scomparsa dei partiti di massa e facilitando il populismo incipiente; favorendo infine, la personalizzazione della politica ed il centralismo delle decisioni: il popolo, l’elettore, i cittadini, hanno contato sempre di meno a partire dal proprio Comune, figurarsi negli enti sovra ordinati, cosiddetti “superiori”; il 20% di votanti nel collegio di Monza la dice tutta.

In un intervento dell’aprile 1958 Luigi Sturzo usa una metafora che potrebbe essere utile oggi per una riforma positiva dell’ordinamento: quella del gigante Anteo, che toccando terra riprendeva strepitosamente energia e forza, tant’è che Ercole, tra le sue Fatiche, per ucciderlo lo strangolò alzandolo dal terreno: Anteo è il Comune, la terra sono i cittadini: ripristiniamone il contatto prima che sia troppo tardi.

Ed il PD?

Francesco Chiucchiurlotto